Quando faccio una fila, sono in attesa di un autobus, sono seduto su una panchina… mi piace osservare i volti delle persone che mi stanno accanto, soffermarmi su questi paesaggi ovali che cambiano di continuo (le infinite sfumature delle espressioni) e sono incredibilmente unici (non c’è una faccia che sia uguale all’altra). E mentre li guardo inizio a farmi delle domande: perché sta ridendo o sbuffando? Quale pensiero lo sta attraversando? Che lavoro fa nella vita? Avrà una famiglia o è una persona schiva e solitaria? È soddisfatto di se stesso? Quale sogno vorrebbe realizzare?
Ma c’è qualcosa di più… e mi torna in mente Emmanuel Lévinas, tra i maggiori filosofi del Novecento, e questa sua riflessione: «Nel semplice incontro di un uomo con l’altro si gioca l’essenziale, l’assoluto: nella manifestazione, nell’epifania del volto dell’altro scopro che il mondo è mio nella misura in cui lo posso condividere con l’altro. E l’assoluto si gioca nella prossimità, alla portata del mio sguardo».
Oggi la tecnologia sta cambiando i nostri volti. Le facce si moltiplicano, si modificano – e in qualche modo si annullano – nelle infinite versioni ritoccate sia fisiche che digitali. Il volto reale gradualmente e inesorabilmente si sta trasformando in virtuale.
Non staremo perdendo tanto, troppo… ciò che è fondamentale?