Spiritualità

Piccoli e già grandi

martedì 16 dicembre 2025 di fr. Andrea Gatto OFMCap
I cappuccini del Centro Italia pregustano insieme la gioia del Natale

I fratelli cappuccini della nostra Provincia si sono ritrovati insieme a Foligno, per scambiarsi gli auguri per questo nuovo Natale. A introdurci in questa giornata di festa e fraternità è stato don Luigi Maria Epicoco, con una meditazione sul tempo forte dell’Avvento, un tempo favorevole per la nostra conversione. 

Noi pensiamo che la vita eterna sia un appuntamento solo rimandato. No, in questi tempi forti, la grazia di Dio è attuale, è vera nella vita di adesso. Ognuno porta con sé il bagaglio di domande, progetti, delusioni, ed è lì che il Signore intende nascere. Lasciandosi ispirare dalla Parola di Dio, l’unica cosa davvero interessante che possiamo scambiarci, don Luigi ne ha offerto una “traduzione” francescana nel tempo di Avvento.

Quale rapporto c’era tra Francesco e il tempo dell’attesa del Natale? 

C’è qualcosa di «avvento» che traspariva già nella sua storia di conversione. Il mondo gli poneva dinanzi agli occhi “cose” che potevano compiere la sua esistenza. E questo vale ancora anche per chi, come noi, ha indossato un abito. Nonostante la nostra “scelta” crediamo che ci sono cose del nostro piccolo mondo religioso che possono renderci felici. Ma anche se queste cose fossero buone e lodevoli, non sarebbero mai il compimento della nostra vita. Tutte le cose della realtà di questo mondo, in verità, sono cose “penultime”. Comprendere questo ha posto Francesco in una sorta di “stato di Avvento”. Questa è la teoria della relatività cristiana: quando incontri Gesù, ti accorgi che tutto diviene relativo a Lui. Tutto ciò che viviamo è precario, è solo qualcosa che prepara il cuore al compimento ma che non risolve la nostra vita. 

Francesco si accorse di questo incontro. La categoria dell’Avvento è entrata così nel suo modo di essere cristiano. 

Possiamo chiederci, provocatoriamente: Cosa carichiamo di aspettative in questo momento della vita (situazioni, persone, ministeri)? Gesù non viene a noi solo quando realizziamo i nostri progetti, ma viene a noi nei nostri fallimenti, nel fallimento delle nostre più o meno cercate performance. 

Certo è importante quello che facciamo, ma Cristo verrà ben al di là di questo. 

La volontà di Dio, invece, è qualcosa che ci mette in cammino, che si fa cercare. Esige un atteggiamento di ascolto. Questa è la prima indicazione per ogni uomo che si dica cristiano. Tutte le cose vanno vissute nella letizia profonda, che significa: quello che viviamo di successo o di fallimento, non avrà mai il potere di toglierci l’attesa del Signore che viene. Ciascuno con propria storia personale, ma anche con le nostre storie di Chiesa e di fraternità. 

Abbiamo la fissazione che la conversione riguarda le decisioni. Sì, ma riguarda anzitutto lo sguardo. Prima Francesco vede in maniera diversa il lebbroso, suo padre, sua madre, Assisi, le sue relazioni, e poi decide. È il mistero di Cristo: ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, ciò che è stolto per confondere i sapienti (1Cor 1, 26-31). Francesco non è più un narciso convinto di potersi salvare o di salvare la Chiesa, né un vittimista. Egli è un uomo sapiente che guarda a Cristo con occhi raggianti, e tutto assume un nuovo modo di stare al mondo. Se l’Avvento, allora, non ci ridimensiona, non lo stiamo vivendo davvero. 

Don Luigi, nel prosieguo dell’incontro, ha immaginato un dialogo tra questo tempo di Avvento e i tre consigli evangelici della povertà, della castità e dell’obbedienza, incoraggiandoci a ridimensionare le nostre attese, a difendere la nostra povertà, e a domandarci se siamo ancora capaci di donare la vita per gli altri. «È un bel tempo per essere francescani cappuccini, oggi».

Dopo questa nutriente meditazione, abbiamo celebrato insieme l’eucaristia, dove ha radice ogni nostra festa e la nostra capacità di stare insieme. Qui fra Simone Calvarese, ha guidato il nostro ascolto spezzando la Parola del Vangelo di oggi. 

Il profeta Isaia si rivolge al popolo chiamandolo vermiciattolo, ma il Signore verrà a lui in aiuto, e non lo lascerà. La figura del verme era cara a Francesco, come ci ricorda fra Simone, tanto che quando ne incontrava uno per strada, lo spostava perché non fosse calpestato. Francesco vedeva nel verme la sua stessa fragilità, che nel Vangelo oggi è rapportata alla figura del Battista, il più grande tra i figli di donna ma piccolo. La cantautrice siciliana Geraldina Trovato, in una sua canzone, scriveva  alla fine degli anni ‘90: «Siamo piccoli e già grandi, siamo santi, siamo piccoli e già stanchi». Ebbene questa stanchezza, seppure a volte possa coglierci, viviamola in Cristo! Il Signore ci aiuti ad essere stanchi per Lui e non per le cose del mondo. Siamo piccoli e grandi anche noi, siamo grandi in quanto figli di Dio, ma piccoli perché non sempre, a motivo della nostra fragilità, corrispondiamo al suo progetto di salvezza. In questa nostra condizione, ringraziamo comunque Dio, perché i piccoli sono amati da Lui. I violenti si impadroniscono del cielo. S. Basilio lo interpretava così: coloro che si fanno violenza, posseggono il regno dei cieli. Ma Gesù dice che coloro che posseggono il regno sono i poveri in spirito. E non sono tanto loro a possederlo, ma è il regno che possiede loro. Guardiamo a Colui che si è fatto piccolo». Richiamando la meditazione di don Luigi Epicoco, fra Simone invita anche i fratelli a prendere Gesù in braccio, come anche fece S. Felice da Cantalice, primo dei santi cappuccini. A volte forse si ha paura di tenere in braccio un neonato. Nella preghiera, è essenziale chiedere a Maria Santissima di insegnarci come si fa, come si fa a cullarlo, ad amarlo, perché Egli stia con noi. E insieme a Maria, chiedere anche a Giuseppe, sapiente e capace di ascolto, misericordia e preghiera, di permettere anche a noi di vivere con il Signore.