Spiritualità

Il Rosario, un’arma disarmante

mercoledì 01 ottobre 2025 di fr. Andrea Gatto OFMCap
Come il Rosario sia capace di sciogliere cuori induriti e riaccendere la luce nei sentieri smarriti dell’anima.

Quando vedete la nonna con il rosario in mano, cintura nera di devozioni e preghierine, oppure un frate con la sua “corona” (si chiama così quella versione gigante del rosario che portiamo attaccata al cingolo o alla cintura del nostro abito religioso), non direste che si tratta di un’arma. Sì, così la chiamava Padre Pio, quel fraticello che i camionisti si tatuano sugli avambracci o che appiccicano in forma di poster giganti sui loro camion insieme a calendari un po’ meno riverenti. «Tu, che consideri il rosario come una preghiera adatta solo per le vecchiette, prendi questa corona e considerala, proprio per la sua apparente, straordinaria inutilità, come uno “strumentuccio” per spalancare le porte del Cielo...». Diceva così.

Un’arma? Penseremmo a tutt’altro: un innocuo gingillo per gente di chiesa o uno spauracchio subculturale sventolato da qualche politico in cerca di voti. 

Ebbene, se anche non mi piace chiamarla un’arma, specie di questi tempi oscuri di guerre, genocidi e omicidi politici, credo di capire perché Padre Pio usasse questa immagine. 

Quand’ero uno studente universitario, non credente e abbastanza ostile a tutto quel mondo di vecchi pretacci pieni di omelie e lezioni di morale da dare, nel weekend tornavo a casa dai miei genitori e trovavo sempre la mia nonna davanti alla televisione, che pregava il rosario con le lacrime agli occhi. Lo pregava per me, perché la Madre di Dio (che è, potremmo dire, la CEO di questa antica preghiera dei cattolici), mi aiutasse a ritrovare la strada del Vangelo. 

Me lo diceva, che lo pregava per me. E non perché mia nonna fosse una che si vantava della sua preghiera e smaniava di farlo sapere a tutti, ma perché io, proprio io, dovevo saperlo. Era la sua provocazione pacifica per quel nipote cringe che per lunghi anni aveva visto crescere e che adesso aveva smarrito il senso della vita. Non dico che chi non crede ha smarrito il senso della vita! Ma io, di sicuro, l’avevo smarrito e dovevo sapere che lei, qualcuno di molto vicino a me, offriva per me il tempo dei suoi pensieri migliori. Ed io non lo sopportavo, m’imbestialivo e le urlavo cose tipo: «Perdi il tuo tempo con me, sempre dietro ai santi, io non ho bisogno delle tue preghiere!». Non di rado volavano anche insulti, le mie parole armate (quelle sì) contro una povera donna che poteva reagire solo con i suoi lacrimoni, un rosario arrugginito e qualche benevola “maledizione”: «Ah bonu tu, curittu da nonna!», che in realtà era un rantolo d’amore in cui si riconoscevano chiaramente le parole piccolo cuore di nonna. Che, in teoria, ero io. 

Il mio ritorno alla fede cattolica è stato suggellato dall’esperienza di una breve malattia. Ma senza dilungarmi su questo evento privato e misterioso (tale ancora oggi è per me), anche in quella occasione la Madre di Dio era lì, chinata sulla mia vita, accogliendomi come ha accolto Giovanni sotto la Croce. Spesso si ritrovavano mia madre e mia nonna, insieme, a pregare il Rosario vicino al mio letto. Divenne presto la “nostra” preghiera, una catena di grani su cui imparavo di nuovo a contare i miei giorni, e a guardarli attraverso la lente dei Vangeli, delle storie della vita di Cristo. Deve arrivare nella vita di ogni cristiano il momento in cui smette di contare le pecorelle e comincia a contare i grani del Rosario. Per molti, questa preghiera della Chiesa, è stata un traino formidabile per (ri-)allacciarsi alla storia di Gesù, che è la storia di ogni battezzato. 

È una preghiera vicina, nell’ispirazione e nel modo in cui viene “intonata”, alla preghiera del cuore dell’Oriente (e, in verità, diverse altre religioni usano questo modo apparentemente ripetitivo di pregare). Il rosario, però, non è tanto una preghiera ripetitiva, ma una preghiera litanica, e per questo spesso - a sentirla sussurrare - somiglia a una barcarola che solca il mare. Esige un timoniere in grado di confrontarsi con una task non facile, ma affascinante: provare a ricordare, istante dopo istante, il viaggio di Gesù Cristo tra gli uomini, la sua lunga vita nascosta e la sua intensa vita pubblica, il dono di sé fino alla luce della Pasqua. «Chi ama il Rosario - ebbe a dire qualcuno - non è uno specialista della ripetizione meccanica, ma uno abituato a ricominciare sempre (nel Rosario come nella vita!)». 

Ed è una preghiera alla portata di tutti. Alla portata di tutti, d’accordo… ma deve bruciare il cuore. Se chiedete il mio parere, per la mia esperienza, il rosario è davvero una preghiera da guerrieri della luce, e se pure ammette distrazioni, tuttavia esige continuità. Maria è maestra, madre e complice. È una preghiera vocale, e quindi perfetta anche per i principianti, ma se praticata con diligenza, diventa la preghiera della fede adulta, come quella preghiera “continua” che - dice Gesù nel Vangelo di Luca - è una necessità. 

Si prega servendosi di uno strumento fatto di “grani”: il modello base ha 5 “poste” di dieci grani (su cui si prega l’Ave Maria), intercalate da un grano sul quale si prega il Padre nostro. A me piace “indovinare” qualcosa delle persone, dalla forma e dai colori del loro rosario. Nel mondo magico di Harry Potter era la bacchetta a scegliere il proprio mago. Ecco, nella realtà non magica della fede cattolica, siamo liberi di scegliere noi il nostro rosario. Per esempio (debitori anche in questo della tradizione monastica orientale), alcuni cristiani si servono del modello “komboskini”. Provare per credere: morbido al tatto e, onestamente, molto più agevole del modello classico, goduria degli antiquari ma sicuramente più adatto al kit funebre.

A ogni posta si ricorda un mistero della vita di Gesù. Si può apprendere per trasmissione o anche servendosi di un video su YouTube. Non importa come lo impari. Personalmente, quando prego il rosario, trovo molto conciliante passeggiare. La preghiera ha bisogno di tutta l’attenzione del nostro corpo. Il rosario aiuta il cuore a trovare il ritmo della respirazione, è una attività ossigenante per molti tessuti del nostro organismo e ha un beneficio non solamente spirituale (perché aiuta spirito e anima a tenere vivo il focus sul Vangelo) ma anche psicofisico. Conosco ragazzi che non ne possono più fare a meno, persino giovani uomini che lo pregano durante gli allenamenti o in palestra. In effetti, se devo pensare a un’immagine adatta a descrivere questa preghiera, sarebbe quella dello sport, un mix salutare di esercizio e gioco. Lo sport del Rosario (i più anziani che leggono sono autorizzati a borbottare per questa metafora) ha tre obiettivi: uno, centrare la vita cristiana sulla vita di Cristo; due, uscire dalla porta (la parola più antica di sport, de-sport, significa proprio questo) e dare aria e vigore ai nostri pensieri, che hanno la tendenza ad essere sedentari e ad accartocciarsi; tre, ricordarsi degli altri, intercedere per loro.

Non so se è possibile risalire all’invenzione del Rosario (i nostri fratelli domenicani sono tra i più antichi propagatori di questa preghiera e bisognerebbe chiedere a loro), ma mi piace pensare che questa preghiera nasce con la gravidanza di Maria. Ha cominciato lei a custodire quello che le stava accadendo e a rileggerlo dentro la storia magnifica di Dio. Per questo, prima di introdurvi all’uso di quest’arma disarmante, la Madre di Dio consiglia: assicuratevi di aver lasciato il peso inutile delle vostre maschere e armature. Non serviranno nella partita della vita cristiana. 

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