Pane in Piazza
Carasau, casareccio, panella, cafone, tigella, lariano, pitta, michetta: sono alcuni degli innumerevoli nomi dei pani simbolo di ogni parte d’Italia. Dal 24 agosto al 1° settembre si possono degustare, appena sfornati in piazza Duomo, a Milano, nel corso della manifestazione “Pane in Piazza” promossa dai Missionari Cappuccini di Milano e dalla famiglia Marinoni.
Non solo pane, ma anche pizze, focacce, grissini, piadine, pinse e le specialità regionali dolci e salate. Tutte queste prelibatezze non hanno un prezzo, sono distribuite in modo gratuito, ma chi vorrà potrà lasciare un’offerta libera destinata alla creazione di un panificio e di una scuola di panificazione della missione dei frati Cappuccini di Bambui, in Camerun, con l’obiettivo dichiarato di influire positivamente sul tessuto sociale oltre che per fornire gratuitamente pane ai giovani detenuti del carcere di Bamenda.
Non è la prima volta di “Pane in Piazza”, le prime due edizioni del 2018 e del 2019, non ebbero un seguito a causa della pandemia. Ora si riparte: sono attesi 250 panificatori da tutta Italia e 400 mila visitatori.
È una proposta aperta a tutta la cittadinanza e insieme una gara di solidarietà. Ci saranno eventi con musica (es. il coro degli alpini), spettacoli (anche comici), incontri e tavole rotonde sul simbolo del pane, sulla spiritualità francescana (celebrando l’800° anniversario del Cantico delle Creature di san Francesco) e sui temi di attualità. Spazio anche allo sport come strumento di inclusione e coesione sociale.
L’idea di “Pane in Piazza” nasce nel 1990 dal panificatore milanese Antonio Marinoni, presidente dell’UIB (Unione Internazionale Boulangerie). Il suo obiettivo era far conoscere la ricca cultura panaria, creare posti di lavoro in Africa e ridare dignità, con il lavoro, alle persone, protagoniste del loro futuro e non oggetto di assistenzialismo. Cesare Marinoni prende il testimone del padre Antonio e con l’amico panificatore Luca Piantanida, nel 2017, propongono ai frati Cappuccini di Milano di ridare vita a “Pane in Piazza”. Il pane, la piazza, sono dei simboli popolari propri anche dei frati Cappuccini, denominati “frati del popolo”, che abitano i luoghi di tutti con un abbraccio fraterno. L’edizione del 2018 porta in dote una raccolta fondi capace di creare un panificio nella città di Dire Dawa in Etiopia e dare l’opportunità di imparare un mestiere a tanti giovani: oggi sforna 350 kg di pane al giorno e sono 15 i panettieri provetti. Quest’anno si replica portando pane e speranza a Bambui, Camerun, una regione fuori dagli obiettivi dei mass media, ma attraversata da un cruento conflitto regionale. «L’intero ricavato dell’iniziativa – spiega fr. Giovanni Cropelli, segretario delle Missioni estere dei Cappuccini per la Lombardia – verrà destinato alla costruzione di un panificio ed una scuola di panificazione offrendo concrete opportunità di formazione e lavoro ai giovani locali. All’inizio verranno a studiare e a praticare l’arte della panificazione, qui in Italia, due frati cappuccini camerunesi che poi lavoreranno e insegneranno il mestiere in Camerun».
Non deve sorprendere questa apertura, concretezza, applicazione del principio di sussidiarietà che passa in maniera concreta dalle mani dei “frati del popolo”, perché non è sufficiente una raccolta fondi, è bene generare un’opera comune che nasce dal basso, dai panificatori, e genera relazioni di amicizia e benessere. «In questo modo – aggiunge fr. Giovanni Cropelli – pensiamo di rispondere alla chiamata di papa Francesco ad “uscire” dai nostri conventi e dare vita a relazioni fraterne di ascolto, di incontro e condivisione che possano coinvolgere, come volontari, un gran numero di persone con competenze e professionalità tra le più svariate».
Una missionarietà dei frati Cappuccini Lombardi caratterizzata dalla concretezza. Solo quest’anno per la parrocchia di Betlemme sono stati raccolti 50 mila euro per sostenere famiglie e malati, 20 mila euro per sostenere la comunità cattolica di 350 profughi in Myanmar raccolti dai frati Cappuccini thailandesi. Proprio in Thailandia fr. Giovanni è stato 12 anni in missione, una chiamata nata in parrocchia, a Milano, che lo ha condotto «a portare l’amore di Gesù a tutti, ma soprattutto ai più lontani».
«Essere missionario per me – conclude fr. Giovanni – significa svuotarmi giorno dopo giorno del mio io e lasciarmi riempire dall’amore di Dio. Prima di partire in missione per la Thailandia, nel 2001, durante un momento di adorazione, ho sentito il Signore che mi diceva: “Giovanni, se vuoi trovare Me, devi perdere te”».
Tratto dal mensile "Frate Indovino", n.8, 2025