Caro fr. Carmine, una domanda semplice. A san Francesco sono collegati tanti nomi e aggettivi. Uno di questi è Serafico. Cosa vuol dire precisamente? Grazie!
Lettera firmata
Il nostro lettore ci aiuta a prendere atto che utilizziamo spesso aggettivi di cui non sempre conosciamo il significato, appunto come accade con il tradizionale attributo che accompagna il nome del padre san Francesco.
Perché dunque “serafico”? Il primo ad utilizzare questo aggettivo nella letteratura agiografica è il beato Tommaso da Celano nella Vita beati Francisci, nel passo in cui evoca la visione che il Santo ebbe poco prima della stimmatizzazione sul monte della Verna nel settembre del 1224, e una seconda volta nell’atto di descriverne la morte. Scrive il Celano: “[Francesco] ebbe da Dio una visione. Gli apparve un uomo, in forma di Serano, con le ali, librato sopra di lui, con le mani distese ed i piedi uniti, confitto ad una croce. Due ali si prolungavano sopra il capo, due si dispiegavano per volare e due coprivano tutto il corpo”. Da questo racconto deduciamo che l’uomo visto da Francesco è un angelo appartenente alla schiera dei Serafini, i quali nella gerarchia celeste sono le creature angeliche più vicine a Dio. Ne troviamo notizie nella Bibbia, in particolare nel libro di Isaia (Is 6, 2-7), laddove sono menzionati esseri di fuoco con sei ali che stanno vicino al trono di Dio; il loro nome, Seraphim, significa in ebraico “ardenti”, a significare che essi amano Dio di un amore perfetto. Si comprende allora l’analogia con Francesco, il quale amò Cristo Gesù con tale ardore da somigliargli in tutto.
Ad elaborare poi l’interpretazione teologico-mistica della seraficità fu san Bonaventura da Bagnoregio, che la espose a più riprese nella Leggenda Maggiore, nella Leggenda Minore e nel trattato mistico Itinerario della mente in Dio. Per cui troviamo espressioni del genere nel prologo della Leggenda Maggiore: “Deputato [Francesco] all’ufficio degli angeli e tutto infiammato del fuoco dei serafini, divenuto simile alle gerarchie angeliche”. Oppure ancora, nella stessa opera: “L’ardore serafico del desiderio, dunque, lo sopraelevava in Dio e un dolce sentimento di compassione lo trasformava in Colui che volle, per eccesso di carità essere crocifisso”. Quindi accanto agli epiteti di “poverello”, “uomo evangelico”, “alter Christus”, “fratello universale”, e a designazioni quali “santo della natura” o “santo della pace”, viene attribuita al Santo anche l’espressione di “serafico”, che di Francesco esprime evidentemente il carattere più intimo e personale, proprio perché il Poverello di Assisi stimmatizzato è “l’uomo angelico” che l’amore di Cristo aveva trasformato nell’immagine stessa dell’Amato.
Tratto dal mensile "Frate Indovino", n.9, 2025