È ormai diffusa l’idea che la famiglia è in crisi, che si sta dissolvendo come neve al sole. Come salvarla? Una risposta arriva da Adriano Bordignon, Presidente del Forum delle Associazioni Familiari.
Nel suo libro “Rivoluzione famiglia” (Edizioni Francescane Italiane) propone di pensare la famiglia come un organismo vivente, partendo dalla domanda: qual è l’ecosistema che le permetterebbe di rifiorire e fruttificare?
L’idea del libro nasce da un’urgenza: quella di restituire uno sguardo nuovo sulla famiglia. Dopo anni di attività sociale, educativa e associativa, Bordignon ha sentito il bisogno di raccogliere le intuizioni maturate sul campo, le esperienze condivise e i dati studiati, per offrire una nuova narrazione; ha avvertito la necessità di un cambio di paradigma.
In tanti parlano di famiglia in termini emergenziali…
La famiglia è un corpo vivo, tanto fragile quanto resistente. È anche un bene comune, è il primo luogo dove si apprende la democrazia, la solidarietà, la gratuita. Chi avrà la pazienza di leggere il mio libro scoprirà come i temi sociali, economici, culturali e spirituali possano essere affrontati a partire dalla famiglia. È una proposta concreta, visionaria e realista insieme. La famiglia ha in sé stessa una innata e potente chiamata a prendersi cura del mondo. Il testo vuole offrire strumenti e prospettive, ma anche stimolare i lettori e le lettrici a farsi protagonisti del cambiamento. È un invito ad essere e ad agire.
Perché ha scelto la metafora dell’ecosistema?
Perché la famiglia è organismo vivo interconnesso ed essenziale alla vita del Paese, è una realtà in continuo movimento che deve essere protetta, tutelata. Solo ripartendo dalla famiglia – recuperando speranza e fiducia nei concreti, resistenti e resilienti nuclei familiari – possiamo costruire davvero un futuro più umano, giusto e sostenibile.
Ci racconti quali sono gli “elementi” essenziali che possono rendere una famiglia sana e fiorente?
Il suolo rappresenta le radici: fiducia, reciprocità, dono, protezione. Senza un terreno fertile, nessuna pianta può crescere. Così, senza relazioni basate sulla cura, nessuna famiglia può durare nel tempo. L’acqua simboleggia la vita quotidiana delle relazioni familiari: un elemento essenziale che disseta, che rinnova e unisce. Il clima indica il contesto più ampio – sociale, culturale, economico, spirituale – in cui la famiglia è immersa. Se questo clima e ostile o instabile, anche le famiglie più forti fanno fatica. I nutrienti sono le politiche pubbliche, i servizi, l’istruzione, la riforma fiscale, gli strumenti concreti per sostenere le famiglie. L’aria è la speranza, materia invisibile ma vitale: senza l’aria-speranza le famiglie si chiudono, si spengono. Infine, la luce è la dimensione spirituale, la ricerca di senso, la capacità di guardarsi negli occhi e di riconoscere nell’altro un dono, anche quando le situazioni sono complicate. Una famiglia è generativa quando questi elementi sono in equilibrio tra loro, e quando trova nel territorio circostante un ecosistema che ne rispetta i ritmi e ne sostiene la crescita.
Lei dice che dobbiamo “indossare gli occhiali della famiglia”. Cosa vuol dire?
Significa guardare la società, l’economia, l’ambiente, la politica con uno sguardo generativo e relazionale. È un invito a superare l’individualismo e ad assumere la famiglia come criterio trasversale di lettura e di azione. Indossare questi “occhiali” significa chiedersi: questa scelta migliora o danneggia le relazioni? Favorisce l’equità tra generazioni? Sostiene chi si prende cura dell’altro? Rende il futuro accessibile ai più giovani? Non è romanticismo. È una postura culturale e politica. È la lente attraverso cui comprendere che il benessere di una persona dipende anche dalla salute delle sue relazioni. È un modo per rimettere al centro l’umano.
La famiglia è un corpo vivo, tanto fragile quanto resistente. È anche un bene comune, è il primo luogo dove si apprende la democrazia, la solidarietà, la gratuità.
«Io sono perché noi siamo». I nostri destini sono interconnessi perché siamo fatti di relazioni e per le relazioni. A cominciare dalla famiglia…
Esatto. Il principio Ubuntu (etica dell’Africa subsahariana che si focalizza sulla lealtà e sulle relazioni reciproche delle persone) che apre il libro sintetizza un’antropologia relazionale che oggi dobbiamo recuperare. Non esisto da solo, esisto perché c’è anche un tu, in quanto siamo parte di un noi. La famiglia è la prima palestra dove si impara a vivere questa verità. Ma non possiamo fermarci lì: dobbiamo estendere questo principio alla comunità, alla società intera. La famiglia è il primo nodo di una rete più ampia che, se nutrita, può cambiare il volto di un Paese. In un’epoca dominata dall’io, recuperare il noi è una rivoluzione culturale. Significa riscoprire che nessuno si salva da solo, e che solo insieme possiamo affrontare le sfide del presente.
La politica italiana come può e deve sostenere le famiglie?
Servono politiche strutturali, di medio e lungo periodo, un sistema fiscale più equo, il potenziamento dell’assegno unico, una riforma dell’ISEE che riconosca realmente carichi familiari e figli a carico, un serio sostegno alla genitorialità con congedi ben retribuiti e servizi educativi accessibili e diffusi. Ma anche una nuova visione abitativa, in cui “abitare” non significhi solo avere un tetto, ma costruire relazioni e comunità. Dobbiamo avere il coraggio di progettare città a misura di famiglia, dove le persone possano incontrarsi, vivere spazi condivisi, sentirsi parte di un territorio. Non è solo una questione di welfare, ma di giustizia sociale.
La famiglia è una risorsa per il Paese…
È l’investimento più lungimirante che un Paese possa fare. La famiglia genera capitale sociale, educa al bene comune, cura le fragilità, trasmette valori. Ogni euro investito nella famiglia produce benefici moltiplicati in termini di coesione, salute, produttività. È tempo di riconoscerla fattivamente come soggetto sociale attivo, e non solo come destinataria di sussidi. Dove la famiglia è forte, il territorio è più coeso, le reti più resilienti, l’economia più sostenibile. Soprattutto nei momenti di crisi sono le famiglie a tenere in piedi il Paese. Ma non possiamo continuare a chiedere tanto senza dare strumenti adeguati. Riconoscere il valore della famiglia vuol dire creare un Paese più solidale, più inclusivo, più umano.
Cos’ha più a cuore per le famiglie italiane?
La possibilità che possano tornare a progettare il futuro senza paura. Che i giovani possano scegliere liberamente di diventare genitori, di educare, di abitare luoghi belli e accoglienti. Che possano immaginare una vita familiare senza dover rinunciare alla dignità del lavoro. Che nessuna famiglia si senta sola, abbandonata, invisibile. Ho a cuore che le famiglie tornino al centro del dibattito pubblico, come soggetto portatore di speranza. E che possano contribuire, con la loro bellezza a rigenerare il nostro straordinario Paese. Ogni politica, ogni riforma, ogni visione di futuro dovrebbe partire dalla vita concreta delle famiglie, dalla loro capacità di resistere, generare, sognare insieme.
Intervista tratta dal Mensile di "Frate Indovino", n.07, 2025
