Giubileo

La Gi.Fra. in cammino verso Roma

giovedì 03 aprile 2025 di Cristiana Meloni
Prepararsi alla vita seguendo l’esempio del Poverello d’Assisi

La Gioventù Francescana è nata ufficialmente nel 1948 dall’unione di gruppi autonomi di ispirazione francescana sorti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento in tutta Italia con diverse denominazioni. Un anno importante è il 1882, quando papa Leone XIII, terziario francescano, invita i giovani a ispirarsi a san Francesco con un pellegrinaggio e a iscriversi al TOF (Terzo Ordine Francescano).

Volevo essere un duro…” cantava Lucio Corsi all’ultimo Festival di Sanremo. Un ritornello che ancora risuona nelle orecchie di tanti italiani. Il desiderio di essere forti, indipendenti, sicuri di sé accomuna ogni generazione. Una sete di senso, realizzazione e, allo stesso tempo, insicurezza che Papa Leone XIV ha saputo intercettare nel suo primo Regina Coeli, rivolgendo un invito chiaro e diretto: “Non abbiate paura!”. Parole che fanno eco ai suoi predecessori, capaci di attraversare i secoli e di raggiungere ogni cuore inquieto e in ricerca, come quello di un giovane Francesco d’Assisi.

Francesco, figlio del suo tempo, immaginava un futuro di gloria, fama e riconoscimento. Eppure, la sua storia ha preso una direzione inaspettata: una sinfonia unica, profondamente umana, fatta di sfide, relazioni e scelte. Un percorso nel quale ogni giovane può ancora oggi rispecchiarsi. È risaputo, infatti, quanto la giovinezza sia un periodo delicato, in cui si gettano le basi del proprio stare al mondo. E un tempo in cui si lotta tra il bisogno di affermazione (essere qualcuno) e la necessita di appartenere (essere di qualcuno). Ci si guarda allo specchio e, con timidezza, si cerca di rispondere a quegli interrogativi che emergono dal di dentro: Chi siamo? Chi vogliamo essere?

Un anelito di pienezza che trova espressione nella Gioventù Francescana (Gi.Fra.): un cammino di discernimento vocazionale rivolto ai giovani dai 14 ai 30 anni, desiderosi di vivere la fede sulle orme del Poverello di Assisi. Oggi, in Italia, sono circa 2.500 i gifrini, sparsi in 15 regioni, che hanno scelto di seguire l’esempio di un ragazzo come loro, capace di restituire lo sguardo di stupore e misericordia di Cristo. La fraternità è una famiglia, un luogo concreto di condivisione e di relazioni autentiche e genuine. L’incontro con l’altro non è, infatti, solo un’occasione di apertura, ma anche uno spazio in cui riconoscere il Volto stesso di Dio e approfondire la conoscenza di sé, imparando ad ascoltare il proprio cuore. Sono questi i desideri che i giovani francescani porteranno con sé, nello “zaino”, al Giubileo. Un evento speciale che invita a mettersi in cammino – non solo fisicamente, verso Roma, ma anche interiormente – per fare esperienza di una fede vissuta insieme come Chiesa. Chiamata da Francesco “Madre” , diventa la meta di un pellegrinaggio che inizia lì dove ciascuno si trova: nella propria quotidianità, nei propri limiti e nel bisogno profondo di lasciarsi incontrare. Un incedere perseverante e fiducioso, sostenuto da quella stessa speranza che il Santo chiese al Crocifisso di San Damiano: “Dammi speranza certa!” (FF 276). Non un mero ottimismo, ma un dono da chiedere, non una vana illusione, ma una direzione chiara e salda perché ancorata al Signore che, per primo, si e fatto pellegrino nel mondo per raggiungerci nei luoghi più disparati e impervi in cui ci perdiamo. Le numerose attività proposte ogni anno – ritiri, formazioni, convegni, campi scuola, assemblee, esperienze di servizio e molto altro – hanno risposto, in questo tempo, alla volontà di prepararsi con gioia e consapevolezza all’evento, come fraternità e diocesi di appartenenza.

 “Volevo essere un duro, ma sono solo Lucio”, conclude la canzone. È forse questa la vera esigenza dei giovani – e non solo – a cui il Santo di Assisi, attraverso la Gi.Fra., continua a offrire una risposta viva. Quel “solo”, infatti, è tutt’altro che una mancanza: è il punto di partenza di un cammino che, alla luce del Giubileo e dell’invito di papa Leone XIV, ci restituisce l’identità di figli amati, preziosi e benedetti, capaci di portare quei frutti che, come testimonia ancora oggi la vita di Francesco, rimangono.

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