“Take Make project: la legalità che genera futuro”
Il titolo del progetto prende spunto da due verbi semplici e diretti: Take, prendere ciò che era nelle mani sbagliate, e Make, trasformarlo in qualcosa di buono. Così, le studentesse della VA dell’Istituto AFM di Morlupo, hanno affrontato il tema della confisca dei beni mafiosi e del loro riutilizzo sociale, articolando un lavoro di ricerca che abbraccia l’economia, il diritto, la politica pubblica e la responsabilità civile.
Il progetto si è rivelato una vera e propria palestra di cittadinanza attiva. Le studentesse hanno affrontato la questione dal punto di vista della macroeconomia e della politica economica pubblica, ponendosi un quesito: come può lo Stato usare i beni confiscati per contrastare la criminalità e, al tempo stesso, generare valore per la collettività?
L’approccio scelto ha coinvolto le emozioni, i valori e la sensibilità sociale, facendo emergere una consapevolezza nuova, viva, “agita”. Ma al tempo stesso ha permesso loro di approfondire figure come Keynes, i teorici del monetarismo, della finanza etica, del liberismo. Legando idee e principi a uno scenario possibile, concreto.
Le ragazze hanno analizzato concetti complessi come finanza funzionale, spesa pubblica, impresa sociale, cooperazione. Con una riflessione sulla figura dei consulenti “new-skilled”: esperti capaci di accompagnare le imprese nel passaggio da economie grigie a economie trasparenti e sostenibili. Contemporaneamente hanno affrontato il tema dal punto di vista del diritto commerciale e della finanza privata. Il focus è andato verso l'investimento sostenibile e la responsabilità sociale d’impresa, vagliando la possibilità oggi di investire il denaro in modo giusto, etico, che miri non solo al profitto ma al bene comune.
“Dobbiamo riscoprire il valore sociale del capitale. Solo se orientato al bene collettivo, l’investimento ha davvero senso” è la convinzione delle studentesse. A questo scopo hanno analizzato dei modelli d’impresa che oggi più di altri rispondono a questa esigenza: cooperative, imprese benefit, realtà associative che operano nei beni confiscati. In una parola: giustizia economica.
Questa la loro proposta concreta:
- - recupero dei beni confiscati in chiave di inclusione e sviluppo locale
- - valorizzazione dei territori come risposta al degrado sociale
- - diffusione della cultura della legalità attraverso l’impresa sociale
- - formazione di figure professionali capaci di affiancare il cambiamento economico
Un messaggio forte agli adulti, alle istituzioni, a chi ha la responsabilità di trasformare le leggi in scelte concrete. Un invito a non voltarsi dall’altra parte, a non considerare il tema della legalità come affare da addetti ai lavori. Ma soprattutto la dimostrazione che i giovani, se coinvolti, se ascoltati, sono capaci di pensare soluzioni complesse e di immaginare un mondo migliore.
La mafia, oggi più che mai, va sconfitta non solo con la repressione ma con l’educazione, la cultura, il lavoro. L’ auspicio è che i territori non vengano più violentati dal bullismo delle mafie e dei loro fiancheggiatori, ma che lo Stato sia sempre pronto a controllare e, al tempo stesso, a promuovere un’azione complessiva di rieducazione. E che, magari, anche i criminali possano riconoscere la forza di un pensiero diverso, costruito sul bene comune, sul confronto e non sul conflitto.
È questo che Livatino ci lascia in eredità. Non una memoria da celebrare una volta all’anno, ma una direzione da seguire, ogni giorno.