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Voce Serafica Assisi

Capo Verde: arcipelago di fraternità

29 ottobre 2021
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Per entrare nel vivo della realtà capoverdiana è necessario uscire dalla retorica delle agenzie turistiche che la descrivono come il paradiso delle spiagge, del divertimento, dell’oceano, della settimana vacanze a basso costo nei villaggi turistici gestiti dagli europei.
Cambiare prospettiva significa fare proprio lo sguardo dei missionari, di chi cioè condivide la vita quotidiana con la gente, per comprendere come tutto sia più complesso, forse più povero ma sicuramente meno artificiale.
Partire per un viaggio di missione verso questa terra, composta da circa una decina di isole, significa compiere il primo passo molto prima, in Italia, partecipando al corso di formazione gestito dal centro missionario dei frati cappuccini del Piemonte, che sono presenti nella missione di Capo Verde da più di 75 anni, da quando, cioè, era ancora una colonia portoghese.
La loro esperienza è stata fondamentale per partire con un briciolo di consapevolezza in più: i frati, nel tempo, hanno condiviso molte vicissitudini con la gente del posto, dall’eruzione del vulcano di Fogo, fino alla siccità, all’emergenza dell’emigrazione di massa, a causa dell’estrema povertà e di tutto ciò che trascina dietro a sé, soprattutto per i più giovani: bande di strada, droga, abbandono.
Per il popolo di Capo Verde, i frati sono parroci, falegnami, insegnanti, direttori di banda musicale, animatori di qualsiasi iniziativa popolare che possa avvicinare la gente, per portare aiuto, conforto, una parola buona, il seme del Vangelo. Dall’esperienza di uno di loro, padre Ottavio Fasano, che è stato segretario delle missioni del Piemonte per oltre 40 anni, è nata anche l’Associazione missionaria di solidarietà e sviluppo (Amses), che porta avanti progetti molto significativi per Capo Verde. Alcuni tra questi, di cui a volte si è parlato anche a livello nazionale, sono la Vigna Maria Chaves, la Casa di accoglienza per le donne “Manuela Irgher”, il “progetto pescatori” di Fogo e Brava per aiutare i piccoli pescatori, le Case del Sole per una vacanza solidale, oggi la costruzione di un Hospice per i malati non guaribili a Fogo.
Ascoltare queste esperienze e sperimentare l’amore che i frati riservano alla loro missione ha fatto sì che il passo successivo fosse quello del coinvolgimento dell’oratorio di Fossano in iniziative di solidarietà per raccogliere fondi per la missione.
«Un anno a tratti difficile e faticoso - confidano fra Luca e gli altri missionari laici - ma premiato dalla consapevolezza che tanto bene ne sarebbe nato e che, soprattutto, il viaggio si avvicinava. Solo quando abbiamo avuto in mano i biglietti abbiamo davvero realizzato che sì, stavamo partendo davvero!». Nell’isola di São Vicente, precisamente nella città di Mindelo, considerata da tutti i capoverdiani come la città principale di tutto l’arcipelago, i giovani cuneesi trascorrono circa due settimane. Marta, Melisa, Paula, Rachele e Erik vivono giornate meravigliose con i ragazzi che frequentano i centri giovanili di Pedra Rolada e Craquinha, dove sono presenti in totale circa 250 bambini e bambine, di età dai 5 ai 13 anni. L’associazione “Espaço Jovem”, nata per supportare questi due centri, è una realtà molto apprezzata dalle autorità e dalla popolazione, che tenta di recuperare i giovani dalle bande minorili, dall’alcol e dalla droga, purtroppo presenti anche in questa realtà. «Le attività che si svolgono - raccontano i missionari piemontesi - sono tante, dal doposcuola, ai centri per l’estate, alla scuola di musica e tanto altro. Per i ragazzi tutte le attività sono naturalmente gratuite. Assistiamo con entusiasmo ai loro spettacoli, sia teatrali che musicali!». Inoltre ci si occupa della pittura di tavolini, della creazione di culle, finestre, porte, zanzariere.
In tutta la missione sono circa venticinque gli asili che ospitano ogni giorno intorno a duemila bambini, facendosi carico del vitto, del materiale didattico e dello stipendio delle maestre. Oggi sono importanti le ristrutturazioni, perché alcuni asili hanno più di 25 anni. E qui entrano in gioco fra Luca e i giovani italiani, dando una mano molto concreta.

La seconda tappa del loro viaggio è l’isola di Santo Antão, considerata una delle isole più belle di tutto l’arcipelago, per il grande contrasto visivo che presenta: per metà desertica e per metà verde e rigogliosa di alberi. In quest’isola condividono la giornata con gli animatori del centro giovanile locale, aiutandoli nella gestione delle attività, che qui sono diverse rispetto a Mindelo, anche se il calore e la semplicità dei bambini sono sempre gli stessi.
«Durante il fine settimana - racconta fra Luca - viaggiamo insieme ai confratelli cappuccini, che percorrono molti chilometri per andare a celebrare messa nei vari villaggi, distanti anche due ore e mezza dal loro convento. I missionari con regolarità vanno a visitare gli ammalati, gli anziani e con i catechisti curano la formazione dei bambini e degli adulti».
Le parrocchie sono tante e i frati sono pochi, anche per questo le vocazioni autoctone vengono accompagnate con grande attenzione e rispetto, sostenute dallo stesso centro missionario in Italia. A oggi, a Capo Verde sono rimasti quattro missionari italiani, ma ci sono quasi 40 frati capoverdiani. È una bella realtà di Chiesa che oggi accompagna i fratelli nel cammino della fede e della vita. «Per noi, in particolare - commentano gli italiani - è indimenticabile l’enorme disponibilità che ci ha dimostrato fra Ravilson, che più che un semplice accompagnatore si è dimostrato una vera guida, sotto tutti i punti di vista».

Ultima tappa della missione è l’isola di Santiago. Qui i piemontesi hanno l’occasione di incontrare i ragazzi della gioventù francescana, di condividere un po’ di tempo con loro, che sono alla ricerca di una strada per il loro futuro. Toccante la visita al luogo in cui venivano radunati e smistati gli schiavi dall’Africa verso le rotte europee o americane. Capo Verde, infatti, è tristemente famoso anche per questo: proprio per la sua posizione, da qui partivano gli schiavi dal continente africano verso le Americhe.
«A Santiago - ricordano ancora - ci sentiamo parte della comunità, partecipiamo alle celebrazioni e a tutte le iniziative. Siamo anche partecipi di momenti di gioia, come quando siamo invitati a una celebrazione di battesimi e condividiamo con le famiglie attimi di letizia. Tutto questo per noi è un vero dono».
«Vedere il mondo da un’altra prospettiva - commenta uno dei giovani cuneesi - ci ha permesso di riflettere sulle nostre priorità, ci ha fatto capire che non è importante ciò che possediamo per essere felici. L’umanità che ci hanno dimostrato le persone che abbiamo incontrato nel nostro percorso ci ha permesso di riflettere sul significato di “povertà”».
Le difficoltà legate alla lingua, si sono pian piano trasformate nella possibilità di aprirsi alla molteplicità di modi di esprimersi che le persone possiedono. Tornare a sentire la nuda terra sotto i piedi ha ricordato loro che tutti sono figli di questo mondo. Il silenzio e la tranquillità permettono di riassaporare il senso della vita, mentre la musica capoverdiana ha mostrato l’energia con la quale affrontare l’esistenza quotidiana.
«Prima di partire per la missione - confessano - eravamo convinti che saremmo andati a Capo Verde con la speranza di fare del bene e aiutare delle persone che purtroppo non hanno le nostre possibilità. Alla fine però, siamo tornati a casa con la consapevolezza che proprio quelle persone che possiedono meno di noi ci hanno arricchiti di un qualcosa che non si può spiegare a parole e che nemmeno tutto l’oro del mondo potrebbe comprare. Questa ricchezza sarà per sempre nostra».

Giulia Maio

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