Grande stima per il lavoro, la vita, il coraggio e la professionalità di Cecilia Sala, una giovane giornalista, già prigioniera politica a Teheran. Una professionalità, forse, che non si riesce ad apprezzare in 7 minuti di podcast. E infatti le informazioni che trasmette sulla canonizzazione di Carlo in uno dei suoi podcast prodotti da Chora Media (Stories, ep. 736) sono parziali e in alcuni momenti alquanto speculative. Ma certo non siamo qui a fare indagini giornalistiche o processi.
Posso dire qualcosa, invece, da cristiano, sulla santità – in realtà proprio perché non posso troppo vantarmene.
Cecilia dice a un certo punto di Carlo Acutis: «A quanto pare, i suoi compagni di scuola come le persone con una devozione speciale per lui, non sanno dire che cosa abbia fatto di preciso Carlo per diventare santo».
Mi verrebbe da dire: Oh! Finalmente svelato il mistero della santità di Carlo! Non ha fatto niente per diventare santo! E quello che, forse, per Cecilia e tanti altri, è uno scoop, in realtà è proprio quello in cui consiste la santità: non la bravura o le res gestae di una persona, ma essere poveri nel cuore, reagire con umile mitezza, saper piangere con gli altri, cercare la giustizia con fame e sete, guardare e agire con misericordia, mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l'amore, seminare pace intorno a noi (Gaudete et exsultate 70-89).
Tutto questo si mostra nella vita di ogni cristiano e, in questo senso, molti sono santi. Ad alcuni di questi santi, però, è dato di intercedere perché Dio intervenga dove non c'è speranza, ad esempio per guarire una diagnosi infausta, contro ogni evidenza scientifica. E perché questo accade? Perché il miracolo? Per orientare la fede, se questa dovesse intiepidirsi o, come è possibile e umano, impaurirsi. Questa cosa meravigliosa (non diversamente dal sorriso di un bambino o da un’alba in riva al mare) – meravigliosa ma insolita! – accade per ribadire e ricordare che santità è quando l'uomo comprende che con le proprie forze non può fare nulla e che Dio viene in aiuto alla debolezza della nostra natura con il suo Spirito (CCC 1817).
Questa è anche la speranza dei cristiani... e non a caso speranza è proprio l'unica non-evidenza che Cecilia usa alla fine della sua story per "liquidare" il caso Acutis, e – diciamocelo – forse con una punta di sarcasmo!
Eppure, è quello che conta di più. No, non agli occhi di chi cerca scandali e alimenta il sospetto, ma agli occhi della gente che, trovando la compagnia e l'amicizia dei fratelli santi, riposa nella certezza che, in questo mondo di disperati, nessuno si salva da solo.