OTTOBRE - Il Transito

Nella primavera del 1226, mentre era a Siena, lo stato di salute di Francesco, già seriamente compromesso, si era ulteriormente aggravato. I frati che erano con lui lo portarono prima alle Celle di Cortona, poi a Bagnara e infine lo riportarono ad Assisi. Sentendo approssimarsi il momento della morte, Francesco dettò l’ultima strofa del Cantico di frate Sole: «Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale». Prevenendo il suo stesso desiderio venne a portargli il velo nuziale e dei mostaccioli Jacopa de’ Settesoli, che Francesco chiamava affettuosamente “frate Jacopa”. Francesco morì recitando il salmo 141, adagiato sulla nuda terra, presso la Porziuncola, attorniato dai suoi frati, dopo il tramonto del 3 ottobre 1226 (secondo il computo medievale era già il 4 ottobre). Aveva circa 44 anni. Le allodole, amanti della luce e timorose del buio, nonostante fosse l’imbrunire, vennero a roteare nel cielo su frate Francesco per rendergli gloria. Annunciandone al mondo la morte, il nuovo ministro generale dell’Ordine, frate Elia, rivelò di aver scoperto sul suo corpo i segni della passione di Cristo, e frate Leone, segretario e confessore di Francesco, confermò che l’amico e maestro aveva ricevuto quelle stimmate due anni prima, sul monte della Verna. Le esequie di Francesco si celebrarono il giorno seguente. Una solenne processione accompagnò la salma dalla Porziuncola alla chiesa parrocchiale di San Giorgio in Assisi. Poiché Chiara e le sorelle vivevano in clausura, prima di salire in Assisi, la processione transitò da San Damiano cosicché anche le monache potessero commiatare il Santo e vedere il segno prodigioso delle stimmate. Tutta la città era presente per rendergli onore. La notizia di quell’ultimo e incredibile miracolo aveva infatti accresciuto ancora di più la venerazione per il Poverello, che aveva finito per essere considerato un vero e proprio “Alter Christus”.
