APRILE - La conversione
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Tornato da Spoleto in Assisi alla fine di luglio del 1204 Francesco trascorse un lungo periodo di riflessione e di ricerca vocazionale. Si ritirava molto spesso a pregare in luoghi solitari o nelle grotte nascoste sul monte Subasio. Mentre un giorno cavalcava nei paraggi di Assisi, sospinto dalla grazia di Dio capitò nello “spedale” dei lebbrosi di San Potente. Confida Francesco stesso che la vista dei lebbrosi gli era talmente detestabile, che non solo si rifiutava di vederli, ma anche di avvicinarsi alle loro abitazioni. E se a volte gli capitava di passare accanto alle loro dimore o di vederne qualcuno, sebbene la compassione lo stimolasse a far loro l’elemosina per mezzo di qualche altra persona, lui però voltava sempre la faccia dall’altra parte e si turava le narici con le proprie mani per non sentire l’odore nauseabondo delle loro ulcere. Ma quel giorno, ciò che prima gli era tanto insopportabile si trasformò in dolcezza dell’anima e del corpo. Trascorsi pochi giorni, prese con sé molto denaro e si recò nuovamente all’ospizio, riunì tutti i lebbrosi e distribuì a ciascuno l’elemosina, abbracciandoli e baciandogli la mano. Da allora diventò compagno e amico dei lebbrosi, stava in mezzo a loro e li serviva umilmente. E così volle che facessero anche i suoi frati. Un giorno un frate aveva condotto alla Porziuncola un lebbroso sfigurato dalle piaghe. Francesco lo rimproverò, dicendogli che non avrebbe dovuto condurlo là, per ovvi motivi di sicurezza. Ma subito si pentì di quello che aveva detto, perché temeva di aver fatto vergognare il lebbroso. Così, per penitenza, volle mangiare nello stesso piatto con il lebbroso, che chiamava “fratello cristiano”.
