L’amore è una malattia, dalla quale nessuno vuol guarire
Vincenzo nacque nelle Lande, in Francia, nel 1581, da famiglia contadina. Fece il guardiano di porci per pagarsi gli studi. A 19 anni fu consacrato sacerdote. Nel 1610, fu cappellano elemosiniere della Regina Margherita di Valois. Egli considerava il sacerdozio come un’opportunità di riscatto dell’uomo, ma l’accusa di un furto da cui non volle difendersi e altre esperienze, cominciarono a dirigere il suo sguardo su nuovi valori. Comprese che il sacerdote è un uomo “mangiato” e che nell’eucarestia è sacerdote e vittima. Cominciò a sperimentare la bellezza della cura delle anime e dello spendersi per il prossimo.
Vincenzo prese a cuore le persone misere, sole e abbandonate e, oltre a sollecitare la solidarietà dei parrocchiani, volle fare di più: fondò le “Compagnie della Carità”, un’associazione laicale per organizzare l’assistenza delle famiglie povere attraverso la visita personale a domicilio. Riflettè anche sulla possibilità di coinvolgere il mondo aristocratico e religioso nelle opere di carità e, soprattutto, di renderle un impegno a tempo pieno. Grazie all’aiuto di santa Luisa de Marillac (che ben interpretò il carisma vincenziano), le dame cooperarono con le Figlie della Carità. Una vera rivoluzione: le religiose poterono operare anche fuori dei conventi al servizio dei poveri. Vincenzo fu una di quelle figure che la storia dona all’umanità: pastore zelante, umile, amante della carità, meritevole di aver cambiato l’atteggiamento nei confronti dei poveri, cioè di avvicinarli e soccorrerli, ispirandosi alla carità evangelica, che vede nel povero la persona di Cristo.