Sulla terra siamo tutti fratelli e sorelle per il fatto
che siamo stati tutti creati da Dio. È il dato biblico
costitutivo della fraternità, la quale però non significa
solo una pari dignità davanti a Dio, ma implica
anche una diversità di genere, di età, di ruoli,
di interessi, di compiti, che può causare difficoltà,
conflitti e fallimenti. La via della fraternità insegna
a riconoscere la relazione con qualcuno che pur essendo
come me, tuttavia è altro e diverso da me. La
disponibilità a superare le frontiere che separano i
lontani, o i diversi da me, caratterizzò tutta la vita
di Francesco d’Assisi. Famoso è l’episodio del suo
viaggio in Egitto per incontrare il sultano Malikal-
Kamil. Quel viaggio, in un momento storico
segnato dalle crociate cristiane contro gli “infedeli”,
dimostrava la volontà del Santo di Assisi di abbattere
tutte le barriere culturali e storiche, che lo
dividevano da un fratello lontano, appartenente a
un mondo diverso dal suo. Riconoscere l’altro diverso
da me per cultura, razza o religione implica
la capacità abituale di riconoscere all’altro il diritto
di essere sé stesso e di essere diverso. Il volerci incontrare,
il cercare punti di contatto, gettare ponti,
progettare qualcosa che coinvolga tutti non si
pone mai in contrasto con l’identità individuale.
Alla base di questa cultura dell’incontro c’è il dialogo
tra persone disposte ad ascoltarsi per cercare
insieme il bene comune della fraternità universale.
Promuovere la cultura dell’incontro – ha detto
papa Francesco –, «esige di porre al centro di ogni
azione politica, sociale ed economica la persona
umana, la sua altissima dignità, e il rispetto del
bene comune». L’umanità è formata da tanti popoli
diversi, con culture e tradizioni diverse, perciò è
indispensabile il riconoscimento della dignità di
ogni essere umano «per camminare verso l’amicizia
sociale e la fraternità universale».