"L’etimologia della parola pazienza ci riconduce al
latino “pati” (sopportare, soffrire, tollerare). La pazienza
è perciò l’atteggiamento proprio di chi accetta
con animo sereno il dolore, le difficoltà, le avversità.
Nessuno nasce dotato di pazienza, ma tutti possono
imparare a diventare pazienti. La pazienza, come
quella esercitata dai genitori di un neonato, è legata
all’amore per la vita. Quello che rende la pazienza
virtuosa è infatti legato allo scopo per il quale la si
esercita. La Scrittura attesta che la pazienza è anzitutto
prerogativa divina: Dio è paziente! La pazienza
del Dio biblico si esprime al meglio nel fatto che
Egli dona sempre all’uomo un tempo (kairós) per
arrivare alla conversione. Perciò parlare di pazienza
è parlare anche di un tempo di prova attraverso cui
siamo chiamati a passare nel nostro cammino esistenziale.
Ecco perché spesso la pazienza è stata definita
dai Padri della Chiesa come la summa virtus:
essa è essenziale alla fede, alla speranza e alla carità.
La pazienza non è una virtù molto amata al giorno
d’oggi, viene infatti associata con la fatica, la noia, la
ripetitività, la passività. Spesso ci si sente costretti a
esercitarla contro voglia. La pazienza è stata definita
una virtù del quotidiano. Senza di essa i rapporti di
coppia, di famiglia, di lavoro, rischiano di degenerare.
La mancanza di pazienza infatti alimenta l’insofferenza
e la critica dei difetti e dei limiti degli altri e propone
molto facilmente e rapidamente la rottura come
l’unica soluzione dei problemi. Ma, esercitata giorno
dopo giorno, la pazienza diventa una grande risorsa
e un alleato prezioso per custodire la pace del cuore.".
«Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua
vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora
disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo
a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo.
Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”.
Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora
quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò
messo il concime. Vedremo se porterà frutti per
l’avvenire; se no, lo taglierai”» [Lc 13, 6-9]