Nel mondo globalizzato e disumanizzato di oggi
fa più notizia una qualche variazione della Borsa
piuttosto che la morte per freddo o per fame di un
clochard. Papa Francesco ha più volte denunciato
il diffondersi di questa cultura dell’indifferenza e
dello scarto: «Si considera l’essere umano in se stesso
come un bene di consumo, che si può usare e poi
gettare […] Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti,
“avanzi”». Questa “cultura dello scarto” è già diventata
mentalità comune che relega ai margini della
vita politica, economica e sociale tutti coloro che
non si adattano ai modelli di efficienza e agli standard
di competitività richiesti dalle politiche di
mercato. Gli esclusi dal sistema produttivo vengono
abbandonati in centri utili per lo smaltimento dei
rifiuti umani: dai ghetti urbani ai campi profughi,
passando per le case di riposo. È riprovevole, ma è
questa la condizione di tanti uomini e donne, giovani
e anziani, disoccupati, disabili, orfani, vedove,
rifugiati stranieri. Gli esclusi sono un’umanità a cui
non è più data cittadinanza, parcheggiata ai margini
della vita, senza futuro. Al tempo di san Francesco
d’Assisi era così soprattutto per i lebbrosi,
costretti a vivere fuori delle città, e che, a causa del
loro aspetto e della paura del contagio, erano oggetto
anche di persecuzione e discriminazione. Un
giorno, all’inizio del suo cammino di conversione,
frate Francesco incontra un lebbroso e, ispirato da
Dio, vincendo il suo naturale orrore e ribrezzo, lo
abbraccia e lo bacia. Dopo quell’abbraccio Francesco
è un uomo nuovo e le sue braccia resteranno
aperte per abbracciare tutto e tutti, senza riserve o
paure. L’esempio di Francesco d’Assisi ci consegna
una spiritualità del “prendersi cura”, nella consapevolezza
della comune paternità di Dio, che deve
diventare cultura, stile di vita, educazione, testimonianza
concreta nella vita di tutti i giorni, perché la
fraternità non ammette “scartati”.