"Ogni atto verso il nostro prossimo è fatto a Gesù ed ha quindi un valore di eternità".
Nella grande scena del giudizio universale dell’evangelista
Matteo sono radunate davanti a Cristo
Re “tutte le genti”. Il criterio di giudizio del Signore
si basa sul comportamento avuto con quelli che
Lui chiama i “suoi fratelli più piccoli”. Il brano del
Vangelo parla di chi ha fame o sete, di chi ha bisogno
di vestito o di alloggio, del malato, del carcerato,
senza fare distinzione di fede o di razza.
La Parola del Signore indica chiunque si trovi in
necessità o in difficoltà, quei milioni di indigenti
e di sofferenti che nel mondo implorano il nostro
aiuto e che Gesù considera “suoi fratelli”. Gesù si
identifica con loro e nel volto di questi “suoi fratelli
più piccoli” vediamo il Suo volto. Lo riconosciamo
allora in quelli che hanno fame, quelli che sono
sfruttati sul lavoro, quelli che sono rinchiusi nei
campi profughi, quelli che sono obbligati a mendicare,
quelli che si trovano in un hospice, quelli
che vivono per la strada, quelli che cercano il cibo
tra le immondizie, quelli che sono in carcere, quelli
che sono perseguitati, quelli che fuggono dalla
loro terra a causa delle guerre, della loro razza,
della loro religione, quelli che vengono abbandonati
nella solitudine perché sono vecchi o perché
sono invalidi. Il giudizio universale ci riconferma
che di tutte le virtù la più grande è la carità! Essa è,
infatti, l’essenza del Vangelo. Ogni atto verso il nostro
prossimo è fatto a Gesù ed ha quindi un valore
di eternità. Ciascuno di noi ha gli occhi per vedere
fisicamente chi gli sta accanto e nel battesimo ha
ricevuto lo Spirito Santo per credere che quello è
un fratello, una sorella, di cui prendersi cura con
amore. Riconoscersi tutti fratelli e sorelle significa
proprio questo: prendersi cura gli uni degli altri.