"Io sono la via, la verità e la vita nessuno va al Padre se non per mezzo di me".
«Nel mezzo del cammin di nostra vita/ mi ritrovai in una selva oscura/ ché la diritta via era smarrita». Proprio a partire dai versi di Dante Alighieri entriamo nella metafora del viaggio che per l’uomo di ogni tempo – dall’antichità ai nostri giorni –, ha rappresentato la più suggestiva narrazione simbolica della vita umana nel suo dipanarsi tra le pieghe della storia o nel suo protendersi verso la meta ultraterrena nell’incontro con Dio. Già nella cultura tardo-antica l’uomo è definito viator per indicare il mestiere del messaggero, ma successivamente questa espressione viene usata per descrivere in senso figurato la condizione più generale dell’uomo “viandante”. Anche nell’universo biblico, il tema della via o dell’uomo pellegrino ricorrono di sovente. Nell’Antico Testamento sotto forma di metafora o di accadimento storico riferibile alla plurisecolare vicenda d’Israele. Basti menzionare il passo del Deuteronomio in cui si parla del cammino d’Israele; oppure il libro dell’Esodo che narra l’epopea d’Israele con la peregrinazione dalla schiavitù in Egitto alla terra promessa. Nel Nuovo Testamento il tema della “via” assume significati ancora più suggestivi se consideriamo le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni: «Io sono la via, la verità e la vita nessuno va al Padre se non per mezzo di me». Si tratta di parole inaudite con le quali il Signore dichiara che Lui è l’unico che può dare un senso compiuto alla vita e alla storia dell’uomo. Gesù è la via e la sua umanità è la sola strada che conduce al Padre, cioè a Dio. L’assoluta novità del Vangelo è che di fronte ai tanti cammini esistenzialmente possibili per l’uomo, Gesù non indichi un altro sistema filosofico o di conoscenze, di sapere, ma indica come unico percorso, unica via, verità e vita, la Sua Persona, nella quale è data la totale e definitiva manifestazione di Dio nella storia.