Storie dai conventi

Se vuoi trovare Me, devi perdere te

venerdì 18 luglio 2025 di fr. Giovanni Cropelli OFMCap
Fr. Giovanni Cropelli, Segretario delle Missioni Estere Cappuccini in Lombardia

Il Centro "Missioni Estere Cappuccini" di Lombardia

Il nostro Centro “Missioni Estere Cappuccini” di Lombardia non lavora su mega progetti ma su piccoli progetti che nascono dalla richiesta dei frati del luogo o da eventi straordinari come terremoti o guerre. Ogni progetto viene presentato con un preventivo o, se necessario, con dei disegni come si è trattato delle scuole del Camerun distrutte dai ribelli oppure dalla guerra in Medioriente che ha ridotto alla fame la comunità parrocchiale di Betlemme. La fase dei lavori viene pubblicata con fotografie e altro, sul nostro sito www.missioni.org, dall’inizio lavori fino alla fase finale in modo da poter mettere a conoscenza i nostri benefattori e volontari del buon esito del progetto. In genere la raccolta fondi si basa sul nostro lavoro manuale come cesti natalizi, oggettistica, noleggio di presepi che costruiamo noi e prestiamo alle parrocchie durante il periodo di Natale. Oltre a questo, ci sono diversi gruppi missionari che lavorano tantissimo e sono di grande supporto ai nostri progetti.

Gli ultimi progetti

Quest’anno siamo riusciti a mandare al parroco di Betlemme, fra Rami, 50.000 euro che ha utilizzato per sostenere diverse famiglie e molti malati.

L’ultimo progetto è stato il sostegno della comunità cattolica di 350 profughi del Myanmar che sono stati accolti dai frati cappuccini thailandesi della parrocchia di Mae Teng nella diocesi di Chiang Mai nel Nord della Thailandia. Anche qui sono stati raccolti circa 20.000 euro frutto sempre del nostro lavoro. Questi soldi li ho portati personalmente ai frati responsabili del progetto e ho visitato anche questi villaggi poverissimi dove spesso manca tutto. I soldi saranno utilizzati per sostenere gli studi di una cinquantina di bambini e le spese mediche di persone anziane e malate.

Nella visita ai villaggi, sono stato accompagnato anche da una catechista che ha condiviso con noi una serie di problemi che gravano su di loro. In primis il fatto di non avere un pezzo di terra per seppellire i loro morti. Sembra paradossale ma è così. Anche i villaggi cattolici della nostra parrocchia non vogliono che “gente del Myanmar” occupi i loro cimiteri, nonostante anch’essi siano cattolici. Vani sono stati finora gli sforzi dei nostri frati thailandesi. Proprio per questo ora ci stiamo dando da fare per cercare un pezzo di terra adatto a tal fine anche se sarebbe possibile averlo solo lontano parecchi chilometri. Un altro problema di questi ultimi anni, dopo il Covid, è la diminuzione di turisti stranieri che ha costretto alcuni centri turistici a chiudere e, quindi, la perdita del lavoro che per loro era l’unica fonte di sopravvivenza. Insieme al lavoro, vedono venir meno anche un minimo di riconoscimento che lo Stato riservava loro in quanto, non essendo in possesso di passaporto, veniva loro rilasciato una sorta di documento di lavoro che permetteva almeno di avere una residenza in questi villaggi circostanti questi centri turistici dove lavoravano come allevatori e addestratori di elefanti.

Infine, condivido un bellissimo progetto che stiamo postando avanti a Milano che ha come slogan “A TU X TU per incontrare volti e ricevere vita”. Si tratta dell’accoglienza di tanti giovani e meno giovani che desiderano fare un’esperienza nelle nostre missioni e che seguono un percorso formativo che inizia a gennaio e termina a fine maggio, due sabati al mese pomeriggio/sera. Quest’anno, tra luglio e agosto partiranno circa 50 volontari per le missioni del Benin, Costa d’Avorio, Camerun, Thailandia e Capo Verde. Un’esperienza bellissima e ben preparata.

San Francesco volle mandare i suoi compagni, come Cristo i suoi discepoli, in povertà e in piena fiducia in Dio Padre per annunciare ovunque e con la vita e le parole, la pace … sottomessi a tutti per amore di Dio

(Cost. 179,1; 175,1)

La mia esperienza di missionario

Ritornare in Thailandia dove sono stato missionario per 12 anni, è sempre un’esperienza emozionante dove si incontrano confratelli che hai visto entrare in convento da adolescenti e che ora son frati o sacerdoti che hanno diverse responsabilità importanti, frati che hanno saputo inculturare molto bene il carisma francescano cappuccino. Si incontrano tantissimi laici che hanno lavorato, sudato, pianto e gioito con te. Ritorni a parlare la lingua thailandese, a mangiare il loro cibo e a impattare un clima caldo umido fortissimo. La chiamata alla missione è nata a Milano mentre lavoravo in una nostra grande parrocchia. È stata una chiamata forte a portare l’amore di Gesù a tutti soprattutto ai più lontani, là dove nessuno vuole andare. Non ho chiesto io di andare in Thailandia ma mi sono affidato al discernimento del provinciale di allora. Essere missionario per me significa svuotarmi giorno dopo giorno del mio io e lasciarmi riempire dall’amore di Dio, dalla sua Parola, dalla sua Tenerezza. È un lavoro costante che dura tutta la vita e implica una conversione continua, una preghiera costante per uscire fuori da me stesso e incontrare Cristo e i fratelli che Lui pone sulla mia strada.

Nella mia esperienza di missionario ci sono stati momenti molto difficili come lo studio della lingua thai piuttosto che alcuni momenti di forte solitudine ma ciò che mi ha segnato in modo particolare è stata l’esperienza nelle baraccopoli di Bangkok a contatto con il mondo della corruzione, della prostituzione, della violenza e del male. Quante persone abusate, bambini venduti alla prostituzione o uccisi per la vendita di organi… Quanti traumi e quanto dolore!

 

 

Che cos'è “Pane in Piazza”?

“Pane in Piazza” nasce nel 1990 da un’idea del panificatore milanese Antonio Marinoni, Presidente dell’UIB (Unione Internazionale Boulangerie), con lo scopo di far conoscere la cultura panaria e renderla sempre più viva, in particolare nel continente africano. A questo proposito, Antonio Marinoni ha dato vita a dei progetti di costruzione di panifici e scuole di panificazione in Guatemala, Zambia e altri paesi. Il suo obiettivo era anche quello di creare posti di lavoro e ridare dignità e speranza a tante persone bisognose soprattutto di lavoro.

Tale iniziativa, dopo la morte di Antonio, è stata ripresa dal figlio Cesare Marinoni e dall’amico panificatore Luca Piantanida nel 2017 quando proposero ai frati cappuccini del centro missionario di ridare vita a “Pane in Piazza” proprio nella prestigiosa Piazza del Duomo di Milano. E così nel 2018 l’avventura di Pane in Piazza ha ripreso vita sostenendo il progetto della costruzione di un panificio in Etiopia e rispondere alla richiesta del cappuccino Mons. Angelo Pagano, vescovo di Harar, di creare posti di lavoro nella città di Dire Dawa. Qui, attualmente, viene prodotto pane anche per le suore di madre Teresa di Calcutta e l’orfanatrofio della missione. Tale panificio oggi sforna 350 kg di pane con quindici ragazzi preparati ad affrontare il mondo del lavoro. A questo primo evento, è seguito quello del 2019 per costruire, oltre al panificio, anche una scuola di panificazione e un negozio per la vendita del pane. Purtroppo, però, a causa del Covid, questo grande evento molto apprezzato anche dal comune di Milano, subì un doloroso stop.

Due anni fa, poco dopo il mio arrivo al centro “Missioni Estere Cappuccini” di Lombardia, ho sentito parlare di questo evento e, subito ho deciso di incontrare Cesare insieme ai miei collaboratori per valutare la ripartenza di “Pane in Piazza” approfittando di un tempo speciale, quello del Giubileo della Speranza. Tutti noi eravamo coscienti che dopo il Covid molte cose sarebbero cambiate e sostenere un tale evento sarebbe diventato rischioso e più difficile ma, nonostante questo, abbiamo deciso di ripartire. Qualcuno giustamente obiettava: «Non bastava raccogliere i soldi utilizzando il foundraising per arrivare a questo obiettivo?». Obiezione più che corretta se seguiamo la mentalità del mondo finalizzata solo a ricercare fondi e non a creare relazioni che sono la materia viva dell’evento, propulsori di Gioia e di Speranza!

Per questo, il vedere nel pane il simbolo della vita, della condivisione e della fraternità, mi ha fatto pensare a “Pane in Piazza” come la grande occasione per costruire relazioni di amicizia generatrici di speranza e permettere così, a noi frati cappuccini, di vivere in maniera concreta il nostro carisma di “frati del popolo”. In questo modo, pensiamo di rispondere alla chiamata di Papa Francesco ad “uscire” dai nostri conventi e dare vita a relazioni fraterne di ascolto, di incontro e condivisione che possano coinvolgere, come volontari, un gran numero di persone con competenze e professionalità tra le più svariate.

L'edizione 2025

Quest’anno l’obiettivo è quello di portare il pane e la speranza nella città di Bambui, in Camerun, duramente colpita da anni di conflitti militari e di violenza. L’intero ricavato dell’iniziativa verrà destinato alla costruzione di un panificio ed una scuola di panificazione offrendo concrete opportunità di formazione e lavoro ai giovani locali. All’inizio verranno a studiare e a praticare l’arte della panificazione, qui in Italia, due frati cappuccini camerunesi che poi lavoreranno e insegneranno in Camerun.

L’edizione 2025 di Pane in Piazza, dal 24 agosto al 1° settembre, si distingue dalle altre per una grande novità: per la prima volta, una parte del padiglione sarà interamente dedicata agli eventi, con un auditorium che ospiterà incontri culturali, tavole rotonde, momenti di riflessione e un grande palco per concerti e rassegne musicali tenendo conto che quest’anno, ricorre anche l’800° anniversario del Cantico di Frate Sole. Questa nuova sezione vuole ampliare il messaggio dell’iniziativa, intrecciando arte, cultura e solidarietà in una proposta aperta a tutti. Da più di un anno stiamo lavorando a questo progetto e, giorno dopo giorno, facciamo esperienza di incontri con persone stupende che portano la loro esperienza lavorativa, artistica e culturale. Sono persone splendide che manifestano la gioia e la voglia di sporcarsi le mani soprattutto per i più poveri che non godono della nostra stessa libertà e stanno perdendo la speranza dopo anni di una guerra di cui nessuno parla ma che sta logorando i loro corpi e il loro cuore.

Penso ai volti dei panificatori che stiamo incontrando o contattando telefonicamente che non si lasciano impressionare dal caldo di agosto o dalla probabilità di fare alcuni giorni di ferie lavorando sodo. Penso alle loro mani grezze impastate di farina, alle loro risate e ai loro orari di lavoro per noi impensabili. Quanto amore sgorga dai loro cuori e dalla fantasia con cui sanno plasmare la pasta fino a sfornare forme di pane bellissime e profumatissime tutte da contemplare e da gustare.

I pani presenti saranno tutti i pani regionali italiani che verranno prodotti in Piazza Duomo dai fornai provenienti da ogni parte d’Italia. Per tutta la giornata saranno sfornati non solo pane ma anche pizze, focacce e tutti quei prodotti che troviamo normalmente nei negozi del pane. Tutto questo sarà possibile lasciando un’offerta libera destinata alla creazione del panificio e della scuola di panificazione nella missione dei frati cappuccini di Bambui, in Camerun.

Ricordiamo che San Francesco «volle mandare i suoi compagni, come Cristo i suoi discepoli, in povertà e in piena fiducia in Dio Padre per annunciare ovunque e con la vita e le parole, la pace … sottomessi a tutti per amore di Dio» (Cost. 179,1; 175,1). Questa è la nostra sfida: fare tutto con spirito di gioia e di minorità. Porto sempre nel cuore quello che mi sono sentito dire dal Signore durante un momento di adorazione prima della partenza per la Thailandia nel 2001: «Giovanni, se vuoi trovare Me, devi perdere te».

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