Dio è la mia vera legge
La parola e il silenzio. Tra questi due poli si dipana la vicenda di fr. Nicola Galasso. La capacità di parola come l’abilità di saper parlare e di convincere gli ascoltatori, tipica dell’attività forense di un avvocato. E il silenzio, lo spazio necessario dell’ascolto di sé senza frastuoni, della voce di Dio distinta dalle altre, del saper discernere per capire la Sua volontà.
Fr. Nicola Galasso, classe 1965, è originario di Foggia, ma si trasferisce con la sua famiglia a Vasto, in Abruzzo. Durante lo svolgimento dei suoi studi nella Facoltà di Giurisprudenza si fidanza con una ragazza che, intuendo le sue capacità relazionali e la sua profonda esigenza spirituale, gli regala una Bibbia, anche se Nicola non frequentava affatto la chiesa. Arriva la laurea, la pratica forense e la Bibbia continua a tenerla con sé, sul comodino, come compagna di viaggio nella scoperta della vita. Sono parole di vita diverse dalle altre che risuonano fino a farlo vibrare. ≪Ogni giorno – ricorda fr. Nicola – leggendo un brano, soprattutto del Libro dei Proverbi, mi sembrava di vedere la mia vita come in uno specchio. La lettura mi attirava come una calamita tanto che ho cominciato a diventare cristiano. Il fatto straordinario è stato che la Bibbia me l’aveva regalata la mia ragazza che mi voleva bene e capiva che si stava generando una nuova via per me, in cui lei non poteva entrare. Era un fatto tra me e Dio≫.
Ad un certo punto Nicola si trova come sul crinale di una montagna. A valle vede la sua vita passata fatta di luci e di ombre. In alto osserva una vetta, un obiettivo verso il futuro ancora non del tutto chiaro: cosa fare della propria esistenza? Dentro avverte un contrasto, una spaccatura sempre più ampia e insanabile tra l’attività forense e il mondo spirituale scoperto attraverso la Bibbia e la pratica della fede. A novembre del 1995 deve sostenere un concorso per entrare in magistratura, ma a settembre decide di fare una esperienza in un convento cappuccino. Non si presenterà al concorso: abbandona l’idea della toga e alla legge degli uomini antepone quella di Dio… per sempre.

Da 30 anni è frate cappuccino. La Parola che si genera nel silenzio interiore gli ha dato un orizzonte di senso, di felicità che non aveva trovato in altre esperienze, pur belle, come l’amore per una donna e gli studi giuridici. Da allora ha cambiato tanti conventi, ricoprendo anche la carica di ministro provinciale dei Cappuccini d’Abruzzo, e ora divide la sua missione tra l’essere parroco a Santa Maria del Soccorso de L’Aquila e fare il cappellano presso l’Istituto Medico Abruzzese “San Francesco d’Assisi” di Vasto (fondato da fr. Alberto Mileno) ≪dove posso sperimentare – racconta fr. Nicola – l’incontro con la carne di Cristo nei fratelli che sono malati. È un luogo in cui mi accorgo dell’importanza della mia presenza con un sorriso, uno sguardo, una carezza. Le persone vedono in te un amico, un familiare, qualcuno che li viene a cercare≫. Vive la sua missione come san Francesco che si era spogliato di tutte le sue zavorre per poter avere il cuore libero e incontrare Gesù nei fratelli in difficoltà. ≪Missione – spiega fr. Nicola – non vuol dire andare all’estero, ma donarsi in maniera gratuita, senza avere nulla in cambio. Vuol dire offrire noi stessi ogni giorno a tutte le persone che incontriamo sulla nostra strada. E non è una prerogativa di noi religiosi, ogni cristiano può e deve fare la sua parte≫.
La vita di fr. Nicola nell’Istituto San Francesco d’Assisi di Vasto è nel segno della vicinanza: nell’accompagnamento, nell’ascolto, nell’impartire i sacramenti… ≪Le parole che mi ispirano, mi sostengono, mi incoraggiano sono: “Mio Dio, mio tutto!”. Perché la scoperta di Dio – ci confessa – mi ha permesso di andare oltre le apparenze per vedere la presenza di Cristo nelle persone e nel creato. A volte le persone ti raccontano il proprio vissuto, per sfogarsi o per la necessità di condividere le sofferenze, e mi stupisco sempre nel vedere mutare il loro stato d’animo, il loro modo di pensare e di accogliere la loro malattia. La gioia più grande è vederli trasformati≫.
Dice il Vangelo: “Rallegratevi con quelli che sono allegri; piangete con quelli che piangono”. Passare dal capire al sentire è la più grande avventura umana e ≪nel dolore – conclude fr. Nicola – non si può fingere, né improvvisare. L’empatia, come la fede, va coltivata, praticata. È un allenamento quotidiano dove non si smette mai di imparare≫.
Tratto dal mensile "Frate Indovino", n.7, 2025