Fra Jim ha trascorso 40 anni della sua vita come frate cappuccino, assegnato di volta in volta a diversi conventi della provincia, da est a ovest. Era uno dei fratelli della prima fraternità cappuccina operante nella diocesi di Cleveland, nel santuario della Conversione di S. Paolo.
Le Clarisse Povere dell’Adorazione Perpetua di quel medesimo luogo lo ricordano come un uomo tutto dedito al lavoro e alla preghiera. Contavano su di lui se si sentivano in pericolo o se qualche malintenzionato si aggirava per le strade o in chiesa. Una volta – raccontano sempre queste sorelle – lo chiamarono nel bel mezzo della notte perché avevano sentito dei rumori nella loro cappella: Jim accorse con una mazza da baseball in mano!
Era un educatore. La vita lo aveva, a sua volta, educato. Sia che si trattasse dei postulanti di Cleveland, o dei novizi di Annapolis, o dei fratelli di prima professione a Washington, per tutti è stato un fratello attento ed esemplare. Chi dei più giovani non aveva molta esperienza della vita e del mondo, veniva da lui condotto alla consapevolezza che Dio andava di matto per i peccatori (come amava esprimersi).
Fra Jim, anche lui – e chi più di lui? – amava i peccatori. Molto presto nella sua vita religiosa, su invito (provocatorio) del suo primo amico, padre Walsh, Jim visitava con regolarità il penitenziario di Rockview, a parlare con i suoi compagni prigionieri, per raccontare proprio la sua esperienza di fede. Si dice che abbia indotto alle lacrime i cuori più duri, che ascoltando le sue storie avrebbero iniziato a sperare per loro stessi la salvezza.
Forse gli anni più belli della vita di fra Jim sono stati quelli che questo malfattore pentito trascorse nel team del Capuchin Hermitage (l’Eremo Cappuccino), un progetto avviato vicino Herman (PA) nel 1989 e concluso a Wheeling (WV) nel 2001. Sono stati gli anni della sua fioritura, in cui ebbe modo di approfondire la sua vita di preghiera e la lettura spirituale. Visitava i bambini della scuola di St. Mary, che trovavano sempre in lui un caldo abbraccio e un sorriso accogliente. Poco dopo la canonizzazione di Padre Pio fu eretta una statua del santo di Pietrelcina nel cortile della scuola, e i bambini pensavano fosse una statua di Jim!
È stato proprio in questa esperienza di Eremo che Jim lavorò con i francescani secolari di Butler, esperienza che fu per lui un altro motivo di lode al Dio buono. Nel 2001 un tumore al colon intaccò la sua forza fisica, ma presto questa disavventura divenne il pretesto per raccontare nuove storie sulla sua colostomia e sulle pecche dell’attrezzatura medica al risveglio dall’operazione chirurgica.
Questa battuta d’arresto, in verità, non ha fermato fra Jim nel suo ministero a Rockview, dove continuò a predicare il ritiro annuale. La sua dedizione ai fratelli carcerati fu tanto apprezzata che si decisa di cambiare il nome del “Premio Monsignor Walsh” in “Premio Jim Townsend”, un riconoscimento assegnato ogni anno a un carcerato virtuoso al termine del ritiro (lo stesso fra Jim ne era stato decorato durante gli anni della sua detenzione).
La storia di conversione di Jim ha ispirato un ministro del culto luterano, il reverendo Paul Everett, il quale dopo aver visitato l’Eremo dei cappuccini, ha scritto una biografia di fra Jim, intitolata The prisoner: An Invitation to Hope (“Il prigioniero: Un invito alla speranza”, non ancora tradotto in italiano), pubblicato nel 2004 e divenuto, tra gli americani di religione cristiana, un vero bestseller.
La gente che non conosceva fra Jim o che mai lo aveva incontrato di persona metteva in discussione l’autenticità della sua conversione. Uno dei fratelli della provincia ricorda di quella volta in cui Jim fu invitato a parlare della sua storia ad alcuni ragazzi di una parrocchia. Per tutta quella sera i telefoni continuarono a squillare: erano i genitori e altri parrocchiani che protestavano contro la sfrontatezza di aver invitato un assassino e un molestatore a incontrare i loro figli.
Le denigrazioni si spingono oltre: qualcuno biasimava il fatto che un uomo così potesse nascondersi in un ordine religioso, invece che scontare i suoi delitti in prigione. Possiamo pensare alla storia di Alessandro Serenelli, l’assassino di Maria Goretti, tra i cappuccini delle Marche.
I frati che con lui avevano vissuto lo proclamano in faccia a ogni censore: «Molte persone non conoscono l’uomo che noi abbiamo conosciuto; e non conoscono quel Dio che abbiamo imparato a lodare nelle parole di fra Jim».
La salute malferma di Jim lo costrinse a tornare a Herman nel 2001 al servizio della fraternità e della scuola parrocchiale. Ma presto ebbe bisogno di cure più attente e nel 2005 fu trasferito nella fraternità di Pittsburgh, dove continuava a prodigarsi in lavoretti e varie altre incombenze che magari restavano disattese da altri. Tutto per dare una mano.
Le sue condizioni precipitarono nel 2011 e Jim dovette essere alloggiato nella Vincentian Home, la casa di riposo dove si spense il 12 giugno dello stesso anno, circondato dai suoi fratelli novizi. Chi lo conosceva non aveva dubbi che Jim morì nelle braccia del Padre. Ai suoi funerali il suo buon amico, fra Lester, parlò del figlio prodigo e del timore di Jim di confidare fino in fondo in questo Padre misericordioso che lo avrebbe accolto nonostante i pasticciacci della sua vita e il male che aveva procurato con le sue azioni.
C’è voluta una vita intera a credere in questo volto del Padre, ma trovandolo, Jim ha lasciato in eredità un insegnamento pregiato. Come ricorda un maestro dei nostri giorni, «il perdono è un gesto creativo che suppone un amore sublime; e se, nella nuova alleanza (realizzata nel Cristo), ciò è concesso (e quindi richiesto) a ogni credente, vi si deve riconoscere il prodigio di un potere inaudito dato da Dio agli uomini, quando ciò che è sciolto sulla terra viene sciolto anche nel cielo, come segno della perfetta e universale riconciliazione, nella quale si compie davvero la nuova alleanza» (P. Bovati).
Tale è stata anche la parabola di Jim. L’amore che Jim ha potuto sentire dai suoi fratelli cappuccini nel corso degli anni gli ha consentito di accedere al mistero di questo Dio che sinceramente lo ha amato così come era: un vero irlandese che trovava gusto a esagerare nei suoi racconti – dicono i suoi fratelli – e un gran lavoratore che andava orgoglioso dei suoi pavimenti lucidi.
Jim non è stato solo un uomo memorabile, ma anche un uomo di memoria. Quello che nei lunghi anni di carcere non lo fece impazzire era stata proprio la santa furbizia di registrare lo scorrere dei giorni. Se gli domandavi quanti anni avesse, non ti rispondeva mai gli anni ma i mesi. Fra Lester ha calcolato che Jim aveva compiuto 1014 mesi quando, alla fine, si è presentato al giudizio della Misericordia.