Da un’intervista a Shia Laboeuf, mi sono imbattuto nella storia di fra Jim Townsend, un frate cappuccino morto nel 2011, la cui storia è una delle più incredibili risposte alla grazia di Dio che ascolterete.
Fra Jim non ha mai voluto essere un fenomeno mediatico, così annotano i cappuccini della sua provincia. Anche se molto amava raccontare storie della sua vita, sia che fosse a tavola con i fratelli, sia che chiacchierasse alla cassa di un supermercato. Certo, Jim voleva che la sua storia fosse raccontata perché le persone sapessero che il nostro Dio è un Dio che salva, anche se in modi che non corrispondono alle nostre aspettative.
Fra Jim cresce in una famiglia non particolarmente credente. Nasce a Bristol (Pennsylvania) il 27 gennaio del 1927. Sua madre, Kit, soffriva di una malattia cronica e trascorreva la maggior parte del tempo a letto. Il padre, Patrick, aveva un carattere rude e un’insana inclinazione a maltrattare il suo figlio più grande. Jim, dal canto suo, non era un carattere propenso alla disciplina. Per qualche ragione, Jim stesso raccontava la sua infanzia come segnata da una rabbia irrazionale verso il suo fratello minore, Bob. Per un motivo o per un altro finiva sempre nei guai: piccoli furti, risse, erano all’ordine del giorno. All’età di 8 anni finisce in un riformatorio.
Tornato a casa due anni dopo, non è più il benvenuto, ammesso che lo fosse mai stato. La madre sarebbe morta da lì a due anni e il padre lo manda in un orfanotrofio perché non poteva prendersi carico della sua formazione. Nel giro di un paio di mesi, però, Jim fu rispedito a casa per aver rubato dei soldi. A 14 anni, sull’inizio del secondo conflitto mondiale, entra nei Marines, grazie alla firma di suo padre che ne attestava l’idoneità anagrafica; ma anche qui continuano le battaglie con i suoi demoni e viene giudicato dalla corte marziale per aver picchiato un ufficiale durante una sessione di addestramento. Viene infine mandato in un carcere minorile a Camp Hill, con l’accusa di aggressione, percosse e tentato stupro di una ragazzina.
Si trasferisce a Pittsburgh, grazie a un ufficiale che sorvegliava i detenuti in regime di libertà vigilata, una delle poche figure paterne che Jim rispetta, e che sono rimaste lì nelle svolte della sua vita. Trova lavoro in un ospedale (Allegheny General Hospital) dove incontra la sua futura moglie, la giovane Alice. Si sposano nel 1947 in una piccola chiesa metodista di Pittsburgh, e subito dopo Alice si trova incinta di due gemelli. Traslocano a Ohiopyle, per lavorare in una fattoria di un poliziotto, un uomo gentile, che aveva ammirato il talento di Jim per il duro lavoro. Purtroppo, però, un giovane uomo di 19 anni affezionato alla bottiglia, come Jim, non era un marito e un padre ideale. La dipendenza dall’alcol permise alla sua rabbia e al suo risentimento di prendere il sopravvento e il 13 novembre 1947 spara e uccide sua moglie, incinta, nella cucina della loro casa. Viene condannato all’ergastolo e all’inizio detenuto nel Western Penitentiary.
La cronaca finisce qui, con la storia di una tragedia e la disperazione di un uomo assicurato al braccio della giustizia. Ma i progetti di Dio sono imperscrutabili. Jim, che in seguito si sarebbe riferito a Dio con il nomignolo Slick (che in italiano potremmo tradurre simpaticamente “lo Svelto”) avrebbe alla fine catturato il cuore del prigioniero. La giustizia di Dio infatti è la misericordia, e presto si sarebbe rivelata.