Riportiamo qui di seguito l’intervista fatta al prof. Massimo Toschi dalla nostra giornalista Filippa Dolce per la puntata del Podcast “Leggere Parole” del 22 marzo 2023 in cui viene presentato il suo ultimo libro “Scoperchiarono il tetto”, EFI.
Massimo Toschi: Buongiorno, si è dimenticata la cosa più importante.
Filippa Dolce: Cosa?
Massimo Toschi: Che io sono poliomelitico dalla nascita. Ho preso la polio a undici mesi nel 1945. Quindi, questo ci tengo a sottolinearlo, perché è da lì che si parte.
Filippa Dolce: E io ci tenevo che fosse lei a dirlo, Massimo, perché è attraverso questa sua realtà che ha potuto scrivere, secondo me questo libro che, dicevo fuori onda, si legge tutto d'un fiato. Io mi sono permessa di dire a Massimo prima di cominciare questo appuntamento, che la mia personale convinzione è che ci voglia abilità a pensare “disabile” e noi non siamo, non abbiamo questa abilità. E c'è una narrazione, c'è un percorso un viaggio, che l'autore ci accompagna a fare in una maniera veramente molto fluida attraverso qualcosa che forse non è così fluido per tutti, che sono le pagine delle Sacre Scritture e attraverso queste pagine ci racconta la disabilità. Massimo, io normalmente quando presento, quando parlo dei libri delle Edizioni Francescane Italiane leggo dei pezzi e poi l'autore li commenta. Per quanto riguarda invece “Scoperchiarono il tetto” io mi sono appuntata alcune frasi che mi hanno particolarmente colpita e vorrei man mano citargliele, in modo tale che sia lei poi a dirci che cosa c'è dietro queste frasi, se è d'accordo.
Massimo Toschi: Perfetto, io sono obbediente.
Filippa Dolce: Allora “anche i disabili possono mettersi in piedi. Certo non con la fisicità di un abile ma con la profondità di un disabile”.
Massimo Toschi: Ma, io penso che il libro che sta uscendo ci mostri una verità sorprendente. Lei pensi che Papa Francesco ha convocato presso di lui, presso la Santa Sede, un gruppo di disabili da tutto il mondo, quindi una quarantine di donne e uomini di vari continenti. Il risultato di questa prima mobilitazione è un risultato modestissimo. Loro chiedono al Papa che perlomeno un disabile sia convocato per il Sinodo della Chiesa universale, anzi per essere esatti, dicono “chiediamo almeno un osservatore”. Io con la mia storia, con la mia vita, sono pienamente protagonista. Gesù prende davvero sul serio noi disabili, ci viene a cercare. Quindi altro che osservatori, diciamo protagonisti. Mi permetto anche di aggiungere che la domenica, tra le varie cose, si fa la comunione spirituale eccetera. C'era una messa in un ospedale di Roma e uno pensa: “Ci saranno stati i disabili che erano in ospedale”, no, c'erano solo i medici e i parenti e i malati non c'erano! Ora, questo è inaccettabile, negli ospedali i malati ci devono essere, i disabili ci devono essere. Ora non entriamo nella discussione su “che cos’è la disabilità” a me non interessano i principi filosofici, mi interessa che Gesù nel suo racconto è molto incessante.
Filippa Dolce: E a proposito di questo “ci devono essere”, arriviamo al titolo del libro Scoperchiarono il tetto. “Non potendo però portarglielo innanzi a causa della folla, scoperchiarano il tetto nel punto dov'egli si trovava. Gesù, vista la loro fede, la fede dei portantini, non la fede del paralitico”.
Massimo Toschi: Sì, la cosa interessante qui è una specie di lettura sintetica di quello che accadeva normalmente. Gesù arrivava, c'erano molte cose, si chiedeva la guarigione dei malati. In questo contesto un ruolo centrale lo assumono i portantini, i quattro portantini, per la loro fede e non per la fede del disabile, del malato. Quindi, c'è un altro scenario: quello dei portantini. Poi c'è un altro tema che il libro pone, è un percorso che abbiamo fatto con Michele. È il tema del guarire grazie all'intercessione e all’azione dei portantini. E tutto il Vangelo è attraversato dalla Parola che ci viene donata da Gesù. Ma i portantini fanno qualcos'altro quando scoperchiano il tetto. La gente c'era, era molta, tutti radunati intorno alla casa. Tutti volevano toccare Gesù. C'era questo polo d'attrazione, per così dire. E i portantini, vista la loro fede, sapevano che Gesù avrebbe guarito il paralitico. Allora, fanno una cosa che oggi i soprintendenti non capirebbero. Infatti dico sempre, perché ci sono muri? Perché ci sono separazioni? È il muro dell’inimicizia, quella che diventa muro è la quotidianità peggiore. Quindi una sfida grandissima, appunto: i portantini, il lettuccio, il paralitico che guarisce e i malati che vengono guariti, e al tempo stesso c’è la luce di Gesù, che è una luce di guarigione profonda. Una volta mia figlia mi ha detto: “Se tu non avessi avuto la polio saresti stato un disastro”. E probabilmente c'è una verità in questo.
Filippa Dolce: Restiamo sul concetto di fede. Si legge ancora “Non bisogna illudersi facendo delle operazioni di inchiesta sociologica è l'ora di ritornare al punto di partenza, quello della fede”.
Massimo Toschi: E certo, il punto, tutto si gioca lì, è quello della grande fede della siro-fenicia. Una donna pagana che interloquisce duramente con Gesù, una donna capace con dignità di opporsi all'idea di Gesù che intanto dava il pane ai figli e poi si vedrà! In realtà, la siro-fenicia dice “Bisogna dare anche le briciole ai cagnolini”, perché i cagnolini siano sfamati. Quindi c'è un appello della siro-fenicia che sposta Gesù, non si ferma solo ai figli, ma dà anche ai cagnolini. E noi siamo come cagnolini.
Filippa Dolce: E lei ricorda, dimostra quasi una fede più forte. Lei scrive nel libro a un certo punto: “Io leggo il Vangelo da disabile”. Che cosa vuol dire?
Massimo Toschi: Con gli occhi di uno che fa fatica ad alzarsi, che ottimizza la sua vita con più fatica di altri. È tutto molto impegnativo, però tutto questo continuamente sfida la mia fede perché è anche una grazia. Vede nel Vangelo di Giovanni, in alcuni episodi straordinari, in particolare la guarigione alla piscina, presso la porta delle Pecore (Giovanni capitolo 5). Ma poi al capitolo 9 il cieco nato, al capitolo 11 il dialogo con Marta e Maria. La sfida è questa malattia. Giovanni dice: “Non è per la morte, ma è per la gloria di Dio”. Questo sarebbe. Ma per me nella condizione di disabile con tutte le fatiche che quindi mi apre il mondo, vedendo il mondo con gli occhi di chi trova difficoltà a fare uno scalino. A me è capitato una volta di andare in un palazzo del potere, si direbbe, lì vidi che c’era uno scalino. E dissi: “E ora come si fa?”.
Filippa Dolce: E a proposito di questo, io voglio mettere insieme due pezzi che sono in due parti diversi del libro. Il primo “È questa è la grande novità per i disabili. Non è che Dio ce l'abbia con te, anzi è proprio il contrario, perché è venuto e si è caricato delle nostre infermità”. E in qualche maniera io ci voglio legare anche un altro piccolo frammento “Non esiste un Dio onnipotente, esiste un Dio che è il Dio dell'amore”.
Massimo Toschi: Partendo dal fondo, Dio dell'amore prima di tutto. È Dio che si fa disabile. Se lei guarda nei testi del Servo di Yahweh, capitolo 42, capitolo 49, capitolo 50 e capitolo 53 di Isaia, il Servo di Dio. Dio è colui che si carica di tutte le nostre infermità. Dio le porta con noi, Dio le porta insieme a noi, Dio le porta dentro di noi. Le porta non nell’onnipotenza, ma nella debolezza. Un amore incodizionato senza fine.
Filippa Dolce: Un'altra e concludo con questo che è un argomento che viene toccato molto spesso. È un oggetto lo metto tra virgolette “oggetto”: il lettuccio. “Il lettuccio è il segno di una malattia che devi custodire per tutta la vita perché lì non ci sarà la tua disgrazia ma ci sarà la tua grazia”. E ancora “Il lettuccio portato con sé dopo la guarigione è, per non dimenticare, da dove veniamo”. Il lettuccio, Massimo.
Massimo Toschi: Il lettuccio, è un problema, perché il lettuccio vuol dire qualcosa che sta accanto a te. Vede il lettuccio va portato sempre. Quel lettuccio ci ricorda che Dio ci ama in modo folle e che è venuto proprio a caricarsi di tutta la nostra fatica. Il lettuccio è il segno di una tenerezza di Dio indicibile. Vede, io sono stato sposato. Mia moglie è morta nel 2002. Ho una figlia che è monaca. Di che mi devo lamentare? Però mi manca mia moglie. Però mia figlia vive a mille chilometri da me. Eppure perdiamo tutto. Eppure portiamo tutto e lo portiamo con dignità e bellezza. Verrebbe da dire che i disabili sono bellissimi, anche col lettuccio, che ci ricorda da dove veniamo. Fa impressione, perché i Vangeli insistono molto sulla lunghezza del tempo per i disabili: 12 anni, 38 anni, sono i numeri che troviamo. Sono persone cieche dalla nascita, persone che hanno una disabilità di lungo periodo, non è la slogatura della caviglia come quando si va sugli sci. Non ci sono diventato temporaneamente un disabile. Non scherziamo.