Interviste

L'Arsenale della Pace

lunedì 26 agosto 2024 di Filippa Dolce
Intervista a Rosanna Tabasso, presidente del SERMIG - Arsenale della Pace

Al lavoro da oltre 40 anni per costruire un mondo migliore

Da fabbrica di guerra a luogo di incontro e rinascita

Siamo a piazza Borgo Dora a Torino, ex Arsenale Militare. Un’area di 45.000 mq, un tempo imponente fabbrica di ordigni bellici – con hangar, depositi, officine e una linea ferroviaria da cui partivano le armi – che hanno foraggiato le guerre del Risorgimento italiano, della Prima guerra mondiale e di buona parte della Seconda. Oggi questo luogo ospita il Sermig - Arsenale della Pace, fondato dall’attivista Ernesto Olivero.

In oltre 40 anni qui sono stati realizzati progetti a favore di uomini e donne di 140 nazionalità. Oggi, 24 ore su 24, vi trovano rifugio persone che cercano un aiuto per cambiare vita. Ma l’Arsenale è anche luogo d’incontro per migliaia di giovani che da tutta Italia e dall’estero si danno appuntamento per confrontarsi, dialogare e crescere. Nonché un luogo di preghiera e di silenzio, di cultura e di formazione.

Il capitale sociale del Sermig è fatto di persone che vivono la cultura della restituzione. Qui i volontari offrono tempo, capacità, professionalità, risorse materiali e spirituali innescando un processo di reciprocità e un effetto moltiplicatore. Lo stile è quello di una famiglia che accoglie, con l’intento di aiutare chi con sincerità vuole uscire da qualsiasi situazione di degrado.

È Rosanna Tabasso, cofondatrice e presidente Sermig-Arsenale della Pace, ad accompagnarci lungo i viali e gli edifici dell’Arsenale perché, ci dice, se non lo si vede non se ne può parlare. Il primo luogo in cui Rosanna ci conduce è il cenacolo dove è evidentissima la trasformazione: ogni oggetto presente in questo spazio è stato protagonista di costruzione di morte, come a voler sottolineare il valore della memoria, l’indispensabile presa di coscienza del dolore per poterlo trasformare in bene: perché non bisogna dimenticare, ma nella preghiera possiamo riscattare in qualche modo tutto il male del mondo.


 

La bontà è disarmante

“La bontà è disarmante” si legge su una porzione di muro che racchiude tutti i nomi dei luoghi del mondo in cui in questi 40 anni sono arrivati gli aiuti partiti dall’Arsenale. Gocce di bene, le chiama Rosanna, gocce che racchiudono la gratuità, il dono, il servizio di migliaia di persone. Ma la bontà è disarmante non solo perché toglie le armi… i primi da disarmare siamo noi stessi: disarmarci dalle nostre guerre interiori, dalle false paci che portiamo dentro, dalle lotte intestine dentro le famiglie, dentro le realtà in cui viviamo, per aprirci a gesti concreti di bontà, di solidarietà, di vicinanza, toccando i cuori.

La bontà è contagiosa

Rosanna ci dice che all’Arsenale arriva gente anche al di fuori del circuito del mondo cattolico, solo per il desiderio di partecipare ad una cosa buona.

Allo scoppio della guerra in Ucraina – ci racconta – è successa una cosa unica nella storia dell’Arsenale: da subito, prima ancora che organizzassimo il da fare, la gente ha cominciato a cercarci chiedendo come poter aiutare. Dovendo rispondere abbiamo improvvisato dicendo che avrebbero sicuramente inviato un tir con aiuti di prima necessità. Immediatamente il grande cortile d’ingresso dell’Arsenale, dal mattino alla sera era pieno di gente che portava qualcosa e chiedeva di restare per aiutare. Dalla fine febbraio alla fine di giugno, ogni giorno… Abbiamo spedito 110 tir di materiale.


 

L’Arsenale è educare alla speranza

Rosanna, qual è il vostro fine?

La nostra ricerca è di poter dare segni concreti che aiutino a risvegliare la speranza nelle persone: giovani, adulti, anziani, ricchi, poveri… Certamente la prima risposta è quella per i bisogni primari: il mangiare, il dormire, il lavarsi, il curarsi diventano quel segno di attenzione alla persona che apre il cuore di tanti.

Dal 1983 ad oggi la situazione come si è evoluta?

Sono cambiate le persone che bussano alla nostra porta. Purtroppo, è aumentata la povertà e tutto ciò che la povertà produce: l’emarginazione, la violenza, l’aggressività… Questo è un momento in cui c’è tantissima richiesta di aiuto da parte di donne (sole o con bambini) che vengono maltrattate, ma anche da parte di donne anziane, di persone con problemi psichiatrici, dipendenze… tutte forme di difficile gestione.

Come fate a gestire i casi più complessi?

Lavoriamo in sinergia con professionisti e persone che hanno una grande competenza in questo ambito. Occorre lavorare in rete. Nessuno può pensare di risolvere da solo i problemi delle persone fragili.

Rosanna ci racconta che presso l’Arsenale della pace lavorano a tempo pieno 40 consacrati, che questi fungono un po’ da coordinatori di tutti i progetti di accoglienza, e collaborano un migliaio di volontari. Per le due case delle donne e gli alloggi di semiautonomia – specifica – ci sono tre consacrate che gestiscono una cinquantina di volontarie. Tra loro incontriamo Erica, che ha 32 anni ed è da 2 anni volontaria in questo servizio. Qui si occupa di educazione, sta con i bambini ma aiuta anche Donata – qui da 10 anni – a fare tutto ciò che serve.

Rosanna, il Sermig non è solo cura dell’urgenza, ma offre anche formazione. Questo significa che le donne che voi aiutate, per esempio, ritornano nelle loro quotidianità con competenze che le hanno rese autonome?

Questo è il nostro obbiettivo. Il percorso si articola in varie fasi. Dopo un tempo di formazione, si arriva all’autonomia lavorativa e poi a quella abitativa, passando anche dall’inserimento in piccole convivenze che abbiamo fuori dall’Arsenale (semiautonomia). Inoltre, c’è tutto il lavoro sui loro figli, che vanno accompagnati, inseriti nelle scuole.

So che offrite anche un altro genere di formazione…

La chiamiamo l’Università del Dialogo. È il progetto di formazione permanente dedicata a giovani e adulti. Crediamo che le nuove sfide a cui andiamo incontro, vadano previste, conosciute e analizzate. Bisogna attrezzarsi continuamente per affrontarle. Ospitiamo esperti di vari settori che vengono a condividere coi nostri volontari e con la gente dell’Arsenale la loro conoscenza, il loro sapere, e si dialoga insieme.

Continuando nel nostro percorso tra le stanze e i cortili dell’Arsenale, sentiamo una musica di archi. È la scuola di musica per i bambini – ci spiega ancora Rosanna. Gli studenti sono sia esterni sia interni, cerchiamo di creare una sinergia perché non si formino ghetti, tutti devono sentirsi a casa e uscire dalle categorie aiuta molto. Da noi vengono persone che hanno bisogno, ma anche persone che non ne hanno, che amano semplicemente la musica, amano suonare con noi. Il nostro metodo è coinvolgere tutti.

C’è anche l’Arsenale della piazza. Di cosa si tratta?

È un edificio dedicato ai piccoli, dove al mattino si fa scuola di italiano per stranieri e al pomeriggio si accolgono i bambini del quartiere. Fanno i compiti e giocano. I bambini l’hanno chiamato “Felicizia” e il presidente Mattarella ne è cittadino onorario. Qui seguono un progetto educativo, sottoscritto dal Presidente della Repubblica, che si compone di 6 semplici regole da mettere in pratica:

  1. non posso essere felice se tu sei triste;
  2. tratta chi ti è vicino come vorresti essere trattato tu;
  3. vogliamo volerci bene;
  4. se lo desideri con tutto il cuore i sogni si avverano;
  5. tutti – ma proprio tutti – devono poter mangiare;
  6. l’Anima di tutti ha lo stesso colore.

È un progetto che noi utilizziamo concretamente con i bambini e i giovani di questo quartiere. Queste realtà sono multietniche: abbiamo bambini e ragazzi di 25 nazionalità diverse e religioni diverse. Siamo partiti 15 anni fa percependo che qui attorno la gente camminava col coltello tra i denti e, gradualmente, queste regole semplici che sono state date ai bambini, e su cui li formiamo, hanno cambiato il clima di tutti quelli che ci frequentano, ma anche un po’ delle loro famiglie e delle realtà in cui vivono.

L’Arsenale è una piccola città, dove non possono mancare gli ambulatori…

Certo! E offrono assistenza medica primaria a chi non può permettersela. Ad esempio, le cure dentistiche e oculistiche (ma anche la distribuzione di farmaci) sono molto richieste anche dagli italiani perché ci sono soprattutto molti anziani che non hanno i soldi per pagare il ticket.

E avete anche delle scuole…

Abbiamo una scuola dell’infanzia e asilo nido per 90 bambini da 1 a 5 anni, che ci ha fatto aprire il Comune di Torino perché ce n’era bisogno, e una scuola di restauro. Volevamo una scuola professionale per falegnami o elettricisti, invece un antiquario di Torino ci offrì i fondi per una scuola che insegnasse ai giovani gli antichi mestieri, e comunque l’arte del restauro degli arredi e degli oggetti d’arte.

E poi c’è l’Ospiteria…

Un ostello di 180 posti letto in camere con bagno che è fortunatamente sempre pieno, perché a noi serve anche come modo per finanziarci. Viviamo di provvidenza, ma anche molto del nostro lavoro.

E per finire un piccolo Emporio…

Distribuiamo cibo, abbigliamento, cancelleria, prodotti igienici sulla base del reddito. Le persone hanno una tessera punti che gli consente di fare la spesa in autonomia.

Il sogno di Ernesto Olivero, fondatore di questa straordinaria realtà, è aprire Arsenali in tutte le città del mondo per vivere il silenzio e l’incontro con Dio; per rispondere alle esigenze di chi è nella miseria e dei giovani che hanno fame di futuro; per testimoniare che gli altri non sono nemici e stranieri, ma persone da conoscere, amare, rispettare; per educare ed educarci alla solidarietà, alla mondialità e ad una cittadinanza responsabile.