Si è celebrata anche quest’anno la festa del Santuario della Spogliazione con il cuore pieno di speranza perché, ricordando l’evento determinante della vita di san Francesco, ciascuno di noi possa sempre più continuare a camminare sulle sue orme, desiderando di spogliarsi e di lasciarsi attrarre dalla vera libertà che è in Cristo, sostenuti dall’intercessione del beato Carlo Acutis.
Perché ciascuno di noi possa sempre più crescere nell’apertura verso i fratelli, a partire da coloro che vivono in condizioni di maggiore fragilità, e alimentare il desiderio di lasciarsi attrarre non tanto da un’infinità di possessi, quanto piuttosto da un’esistenza che sia ispirata dalle parole di Francesco di Assisi: senza nulla di proprio.
“Saranno tre giorni, dunque, molto preziosi per pregare, per riflettere ed approfondire temi importantissimi, e per continuare a dire a tutti i governanti del mondo: basta alla guerra e alla produzione di armi!”; con queste parole il Vescovo delle Diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, ha dato il via alla Festa, la quale venerdì 17 maggio ha avuto l’onore di accogliere, fra i suoi vari ospiti d’eccezione, un brillante artista, il maestro Simone Cristicchi, che si è esibito nell’ambito della performance musicale “Il Cantico di Frate Sole”, a cura del gruppo musicale vocale della Città di Asisisi, Commedia Harmonica, proponendo un estratto dal suo spettacolo teatrale: “Franciscus – Il folle che parlava agli uccelli”.
Caro Simone, la tua arte è arrivata in profondità! Grazie perché ci hai fatti vibrare con le tue parole e con il tuo contributo all'annuncio del Vangelo, al racconto della persona di Franciscus...
Oppure, come lo hai chiamato tu stesso, potremmo dire anche del Ricchissimo. Durante la tua toccante esibizione, infatti, ci hai detto:
“Lo chiamano il Poverello, il Poverello di Assisi... con questa enfasi pietistica, quasi con commiserazione. Uno che ha il coraggio di sbarazzarsi di ogni cosa e di stare vicino a chi soffre, è uno che dimostra una forza, una coerenza ed una ricchezza interiore straordinarie! Altro che Poverello... io lo chiamo il Ricchissimo! (…)
Lui vuole di più, è affamato, desidera l’infinito! E svuotandosi sente pienezza, liberandosi diventa leggero, spogliandosi non mette a nudo solo sé stesso, ma l’ipocrisia di tutto un mondo! (...)”.
È stata davvero una chiamata a fare sempre più sul serio con lui, ossia con il mistero di Dio! Con il mistero della Spogliazione di Cristo, e con la scelta di Francesco di seguire le orme della sua povertà ed umiltà. Le tue parole sono arrivate ad illuminare con decisione la vocazione ricevuta da Francesco di Assisi:
“Francesco ci invita alla povertà, non alla miseria! Perché sono due cose molto diverse fra loro. La miseria è mancanza del necessario, mentre la povertà è mancanza del superfluo, e il superfluo è ciò che sa riempire gli spazi ma non sa riempire i nostri vuoti. (...) Ecco, Il problema è che noi, invece di desiderare l’infinito, desideriamo all’infinito!”.
Di seguito potrete leggere l’intervista a Simone Cristicchi, nella quale ci ha raccontato il suo rapporto con Francesco e com’è nato il suo spettacolo tra ricordi d’infanzia ed esperienze di vita toccanti.
Simone, quando hai incontrato per la prima volta Francesco nella tua vita?
“Allora il primo impatto con i francescani, non è stato molto bello perché il mio insegnante di religione era un frate francescano. Io ero abbastanza provocatorio alle scuole medie e lo mettevo sempre un po’ in difficoltà con le mie domande, con la mia diffidenza nei confronti della Chiesa cattolica. Un bel giorno, lui ha perso la pazienza e mi ha dato un ceffone, davanti a tutta la classe. Questo è stato lo schiaffo che mi ha allontanato definitivamente per tantissimi anni dalla fede e dalla religione.
Fino a quando, poi, se non ricordo male nel 2014 circa, sono stato invitato alla Fraternità di Romena.
Volevano fare un incontro, e io gli ho proposto, invece, di fare una lettura su un personaggio che avevo intercettato in precedenza: un eretico vissuto a fine 800 in Toscana. Si chiamava David Lazzaretti, e questa figura dell'eretico del Monte Amiata è stato un po’ quello che ho presentato per la prima volta lì a Romena, un argomento anche abbastanza particolare, di nicchia, ma allo stesso tempo universale.
Da lì è nata l'amicizia con Don Gigi Verdi, e abbiamo addirittura fatto un libro insieme, abbiamo fatto un programma televisivo e siamo diventati molto amici. Sono nate le canzoni “Le poche cose che contano” e “Lo chiederemo agli alberi”, che ho scritto pensando a Romena e pensando anche all'eremo di Campello sul Clitunno. Tu sei stato mai a Campello?
No, ma ne ho sentito molto parlare! Dove ha vissuto la figura di sorella Maria, la Minore, giusto?
“Si, lei. Sono stato all’Eremo di Campello diverse volte, ed ho fatto anche delle esperienze insieme a loro, per diversi giorni. Lì, ho assaporato per la prima volta il profumo di Francesco. Poi, ho avuto anche un'altra esperienza bellissima con le Clarisse di Lovere, suore di clausura davvero stupende. Anche lì, sono stato diverse volte.
E in generale questa figura di Francesco mi ha sempre incuriosito, perché l’ho sempre reputato universale a suo modo. Quindi, quando è arrivato il momento di scegliere l'argomento dello spettacolo, che volevo realizzare dopo aver trattato il Paradiso di Dante Alighieri, ho deciso di occuparmi di Francesco.
Insieme a una bravissima autrice, Simona Orlando, abbiamo scritto questo testo; credo che abbiamo creato un musical vero e proprio! Molto moderno, molto attuale, in cui la riflessione è incentrata su alcune grandi tematiche di Francesco: la rivoluzione, la povertà, la follia, l’uomo e l'incontro.
Ho scritto tutte le canzoni, che sono appunto inedite, per lo spettacolo ed uscirà anche il disco l'anno prossimo.”
E, secondo te, quale potrebbe essere oggi una ricchezza che questo mondo, e questo tempo, dovrebbero chiedere a Francesco? In che modo Francesco potrebbe veramente arricchire quest’epoca?
“In tantissimi modi, in realtà! La povertà come dico appunto nello spettacolo, è l’abbandono del superfluo, di tutto ciò che è in più e che ci appesantisce nel quotidiano. È la ricerca dell'essenziale, della semplicità e delle relazioni. La cosa incredibile, oggi, è che viviamo un'epidemia di solitudine, secondo quello che dicono i sociologi nel mondo. Un’epidemia di solitudine dovuta a tanti fattori, ma anche il telefonino, come ormai sappiamo bene, in qualche modo contribuisce a questa epidemia, diciamo che ci separa dagli altri.
Oggi i medici, oltre a prescrivere farmaci, prescrivono relazioni umane. E questo è scioccante se ci pensiamo bene. Cioè, ci manca la base! Ci manca proprio la relazione con l'altro.
Si può dire, per te, che Francesco è l'uomo dell'apertura?
Sì, assolutamente! È l'uomo dell'incontro, del dialogo, è il fratello universale. E lo testimonia tutta la sua vita. Forse, la sua più grande passione era la curiosità per l'altro.
Ora, andiamo verso il tema dell’evangelizzazione. L’idea originaria, da cui è nato il desiderio di questa intervista, era quella di chiederti se evangelizzare attraverso la musica, attraverso l'arte e la parola, secondo te è possibile. Io ritengo che sia una grande via, in questo momento storico, per la vita della Chiesa.
Ho letto che Papa Francesco ha detto chiaramente che, oggi, gli artisti possono darci un grande aiuto per riaccendere la fiamma dell'evangelizzazione:
“La creatività dell’artista sembra così partecipare della passione generativa di Dio. Quella passione con la quale Dio ha creato. Siete alleati del sogno di Dio! Siete occhi che guardano e che sognano. Non basta soltanto guardare, bisogna anche sognare! (…)”. (cfr. DISCORSO DEL SANTO PADRE, Cappella Sistina. Venerdì 23 giugno 2023) ...E tu che ne pensi?
È stato bellissimo, quest'anno, essere stato invitato dal cardinal Tolentino proprio all'incontro del Papa con gli artisti, nella Cappella Sistina. Io ero presente, quando ha detto queste parole meravigliose che mi hanno colpito moltissimo: “Voi siete gli apostoli della bellezza, i profeti di questo tempo!”.
E le sue parole ci hanno investiti di una grande responsabilità. Io penso che oggi la bellezza sia l'unico nutrimento della nostra anima, oltre alla fede, per chi ce l’ha. E la nostra anima si deve nutrire. L’anima ha fame di bellezza e di verità.
Me ne sono accorto anche in questo ultimo tour che ho fatto con “Franciscus”. Sono state finora 60 date, e sono andate tutte esaurite. È stato meraviglioso incontrare le persone e vedere il loro pianto liberatorio, alla fine dello spettacolo.
Questo vuol dire che c'è un'umanità che non è addormentata, che non è addomesticata, che ancora non è omologata; mentre i grandi poteri del mondo, invece, ci vogliono innocui.
Quasi in uno stato di pre-morte, a volte?
Si, esatto. E Francesco non era affatto tutto questo, non era affatto anonimo.
Purtroppo i nostri giovani, i nostri ragazzi (io ho due figli piccoli) sono alle prese con questo mondo che li vuole narcotizzare. Una persona sveglia, una persona consapevole, cosciente di sé stessa e della propria potenzialità, è un ostacolo, è un pericolo per il potere di questo mondo. Quindi, in tutte le cose che faccio, anche in questo ultimo lavoro su Francesco, cerco di stimolare le persone a mantenere questa scintilla divina accesa, sempre accesa, anche se a volte noi la copriamo con la cenere.
Non dobbiamo mai dimenticare questa grande fortuna, questo grande dono di esserci e di poter dare, come diceva Walt Whitman nella sua celebre poesia “Oh me! Oh vita!”, il nostro contributo al miglioramento del mondo.
“(…) la domanda, ahimè! così triste, ricorrente
– Cosa vi è di buono in tutto questo, o me, o vita?
Risposta: Che tu sei qui – che la vita esiste, e l'identità.
Che il potente spettacolo continua,
e tu puoi contribuirvi con un verso.”
Adesso, l'ultimissima domanda: c'è una parola di Francesco che tu ami di più di tutti, una parola che lui ha scritto o che è stata scritta, nelle Fonti Francescane, su di lui? Ti viene in mente così, di getto, dal cuore?
Sì, è nella Regola non bollata. Dice più o meno così, se non sbaglio:
“Chiunque venga da noi, ladro, assassino, amico o avversario, sia accolto benignamente”.
E questo non perché lui non veda tutto il male che si annida nel cuore dell'uomo, ma perché sceglie di scommettere sempre sulla parte nobile dell'essere umano, anche quando sbaglia, anche quando prende una cattiva strada.
Bisogna sempre puntare sulla parte buona e poi metterla in luce. Perché, come dice il mio amico don Gigi Verdi, “una persona non cambia se tu gli punti il dito contro e se gli fai l'elenco dei suoi difetti. Una persona può cambiare solo se l'aiuti a vedere e a mettere in luce le cose belle che ha dentro, quelle che già fanno parte di lei, di ognuno.”
Grazie caro Simone! Ti vorremmo salutare con la forza così autentica e limpida delle tue stesse parole, che ci hai regalato durante il tuo spettacolo:
“Io, Francesco lo amo e lo odio! Lo amo perché è di tutti e lo odio perché non è per tutti. Lo amo perché è luminoso e carnale, così umano. E lo odio perché è difficilissimo da imitare, troppo vicino al divino. Lo amo perché egli mostra una via, e lo odio perché quella via non ammette bugia. Lo amo perché lui conosce tutto il male di cui l’uomo è capace; eppure, sposa ostinatamente la sua causa, lo difende sempre. Lo odio perché io non ho la sua fede incrollabile. E lo amo perché lui fraternizza con tutto, anche con la cosa più spaventosa e definitiva...”