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Frate Indovino

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Fuoco amico

22 novembre 2021
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Il Cantico delle creature di san Francesco nella sua straordinaria grazia e semplicità ha una maestà sulla quale, a mio parere non si è riflettuto fino in fondo, soprattutto nel nostro tempo. Non è un caso che papa Francesco vi si sia ispirato per dare alla luce la sua grandiosa e rivoluzionaria enciclica Laudato si’, e non solo per avere scelto il nome del santo come proprio appellativo pontificale. L’ideale della fratellanza è uno dei valori imprescindibili di ogni umanesimo, di quello monoteista, come di quello delle grandi fedi orientali e anche di quello laico che non fa alcun riferimento alla dimensione del divino. Quando in genere parliamo di fratellanza facciamo istintivamente riferimento a quella fra esseri umani, convinti che essa sia l’orizzonte utopico verso cui tendere per operare il bene. San Francesco intuisce che il concetto di fratellanza non è compiuto se non si estende a tutto il vivente e ancora più prodigiosamente a tutto l’esistente. In questo senso si muove anche l’enciclica di papa Francesco, e oggi siamo in grado di coglierne tutto il portato. Il santo nazionale fra gli altri elementi di cui riconosce la fratellanza annovera il fuoco:

Laudato si’, mi’ Signore,
per frate Focu,
per lo quale ennallumini la notte:
et ello è bello e iocundo
e robustoso e forte.


Il fuoco è stato uno dei più grandi doni che l’essere umano abbia ricevuto dalla natura.
La mitologia greca attribuisce l’atto del dono del fuoco al Titano Prometeo, forgiatore degli uomini e innamorato di essi al punto da sottrarre quell’elemento fonte di luce e potenza agli dei, ricevendo una terrificante punizione. L’atto di ribellione al potere divino di Prometeo inaugurerà un grandioso cammino per l’umanità in termini di potere creativo ma anche di interiorità e spiritualità. Tecnicamente, concretamente e metaforicamente il fuoco anima gli esseri umani, consente loro di percorrere uno spettro di imprese, visioni, orizzonti, idee, passioni, speranze. L’incontro dell’uomo con il fuoco è stato uno fra gli eventi più straordinari che il nostro pianeta abbia conosciuto. Il fuoco nella sua intensità ha forgiato, temprato, rivelato l’interiorità intima della materia, ma anche nella sua espressione minima e modesta ha saputo incarnare fedi, spiritualità, vibrazioni e ideali immortali. Si pensi al generarsi di una fiammella di un mozzicone di candela, nella spietata densità di una tenebra. Il fuoco ha permesso di celebrare, di santificare, di incarnare memoria imperitura. Il fuoco interiore ha generato cammini etici, è stato il propellente di rivoluzioni, ha alimentato la fiamma di intere vite votate all’arte o al sacrificio di sé per un bene superiore. La fratellanza con gli elementi della natura spingerebbe gli uomini alla ripulsa della hybris (tracotanza, superbia) che accende la volontà di dominio e la rapinosità e induce a soggiogare il creato per piegarlo all’avidità senza limiti dei privilegiati. Il fuoco nato per illuminare la vita, per riscaldarla, per nutrirla, schiavizzato si perverte allora in strumento di annientamento e distruzione.
Ritrovare la fratellanza con il fuoco è opporsi alla cultura della morte.

Moni Ovadia
uomo di teatro
Dal mensile Frate Indovino - luglio 2021

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