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Frate Indovino

Il Calendario dell'Avvento

Sentire e vedere l'ora: l'orologio

11 novembre 2019
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Punto 8 del testo

Forse non tutti sanno che gli orologi sono una delle più importanti invenzioni del Medioevo. Come tali, ne abbiamo descritto funzioni e particolarità nel Calendario dell’Avvento del 2016, dedicato alle Invenzioni nel Medioevo. Anche nel fascicolo accluso a questa edizione del Calendario dell’Avvento ne raccontiamo diverse e sfiziose particolarità.

Indi, come orologio che ne chiami

ne l’ora che la sposa di Dio surge
a mattinar lo sposo perché l’ami,
che l’una parte e l’altra tira e urge,
tin tin sonando con sì dolce nota...

Questo orologio, che Dante evoca per descrivere, nel canto X del Paradiso, il moto della ruota dei beati, è lo ‘svegliatore’ monastico, un piccolo marchingegno d’ottone che col suo tintinnio svegliava i monaci in piena notte per la recita del mattutino: altro che la sposa che sveglia lo sposo «a mattinar». In un altro passo, nel canto XXIV del medesimo Paradiso, il poeta invece allude all’orologio meccanico, nel quale la prima ruota (quella dei beati) sta immobile mentre l’ultima (la luce di san Pietro) si muove agilissima.
 

E come cerchi in tempra d’orïuoli
si giran sì, che ‘l primo a chi pon mente
quïeto pare, e l’ultimo che voli...


Punto 9 del testo 

L’orologio ha una particolarità fondamentale: basandosi su una movimentazione meccanica indipendente, non è soggetto ad influenze esterne al contrario della meridiana.

Uno dei più antichi orologi con automa è il Maurizio di Orvieto, istallato nel 1351 per scandire le ore di lavoro delle maestranze impegnate nella fabbrica del Duomo. L’automa rappresenta l’operarius, il direttore dei lavori diremmo oggi, della grande impresa. Non si chiamava Maurizio: il nome è una corruzione di muricium, ‘opera muraria’. Spettacolare era quello di Strasburgo, posto nella cattedrale attorno alla metà del XIV secolo: esso comprendeva tra l’altro un astrolabio e una statua della Vergine attorno alla quale, a mezzogiorno, ruotavano i Re Magi; l’esibizione si concludeva col canto del gallo. Il padovano Giovanni Dondi (1318-1389) realizzò un orologio planetario, l’Astrarium, di tale complessità che, morto l’autore, nessuno fu più in grado di farlo funzionare.

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