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Frate Indovino

Il Calendario dell'Avvento

L'era cristiana e l'egira maomettana

05 novembre 2019
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Punto 23 del testo

L’Era cristiana e l’Egira maomettana: la prima fu introdotta dal monaco Dionigi il Piccolo nell’anno 532. Egli fissò la nascita di Cristo al 25 dicembre del 753° dalla fondazione di Roma (di lì parte la sequenza che oggi ci fa datare 2019); l’Egira maomettana parte dal 16 luglio del 622 d.C., primo giorno dell’anno lunare durante il quale, alla fine di settembre, Maometto abbandonò la Mecca per andare a Medina.
 
Incontri di civiltà e giochi di pazienza

Molte furono nel Medioevo le città italiane che ebbero rapporti commerciali con Paesi e mercati arabi. Quando questi rapporti si formalizzavano, occorreva scrivere e datare. Così si verificava un incontro, una combinazione tra le due civiltà. Portiamo un esempio veneziano e un esempio pisano di doppia datazione.


Si stipula un patto tra il doge di Venezia e il sultano di Aleppo: factum hoc pactum fuit die xxvii intrante mense mearam ad annos dcxxvii de Maogmet («questo patto fu fatto il giorno 27 del mese di muharram, anno 627 di Maometto») ovverosia, scrive il notaio passando al computo cristiano, anno Domini mccxxviiii, mense decembris, indictione tercia («nell’anno del Signore 1229, nel mese di dicembre, indizione terza»). L’anno 627 maomettano era iniziato il 20 novembre 1229, primo giorno del mese di mearam/muharram: il 27° giorno di quel mese cadeva il nostro 16 dicembre. Nonostante la datazione veneziana non porti il giorno, siamo sicuri trattarsi del 16 dicembre 1229.


Del documento di una pace tra il comune di Pisa e il re di Tunisi abbiamo il testo in volgare. La pace fue scripta in die di sabbato a li die xiiii de lo mese che si chiama isciavel anni lxii et dc, secondo lo corso de li Saracini. Dunque: anno dell’Egira 662, equivalente all’anno di Cristo 1264; il giorno è il 14 del mese di isciavel cioè schawwal, equivalente per quell’anno al nostro 9 agosto. Prosegue il testo con lo stile pisano: et sub annis Domini millesimo ducentesimo sexagesimo quinto, indictione septima, tertio idus augusti secondo lo corso de li Pisani. L’indizione 7a riporta all’anno 1264; ma l’anno indicato è il 1265 (millesimo ducentesimo sexagesimo quinto). Tu, attento lettore, avrai capito perché: è usato lo stile pisano dell’Incarnazione, che conta un anno in più a partire dal 25 marzo. Siamo dunque nell’anno comune 1264, e il conto torna.

Però c’è incongruenza tra i giorni: la datazione alla pisana dice tertio idus augusti, che è il giorno 11 agosto (controlla, cortese lettore, sul tuo Calendario perpetuo); mentre la datazione alla saracena fornisce il 9 agosto. La contraddizione è risolta dal giorno della settimana dichiarato nella prima datazione: in die di sabbato. Ebbene, nel 1264 (Pasqua il 20 aprile) cadeva di sabato il 9 agosto, non l’11. Si doveva scrivere, supponiamo, non tertio ma quinto idus augusti. Un errore scusabile. Possiamo datare la stipula di quella pace al 9 agosto 1274 

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