In un radioso mattino di settembre un piccolo ragno
giallo decise di costruire la sua tela. Girovagò a lungo ai
margini del bosco, salì su un alto albero, poi si calò giù
attaccandosi al suo filo lucente e si posò su una siepe
spinosa. Lì cominciò a costruire la sua tela lasciando
che il filo, lungo il quale era disceso, reggesse il lembo
superiore di tutto l’impianto. Era un’opera bella e
grande che si slanciava verso l’alto, e quasi scompariva
nell’azzurro del cielo. Passavano i giorni e il ragnetto
diventava grande. Quando le mosche scarseggiavano si
vedeva costretto ad ampliare la tela; e questo gli era
possibile proprio grazie a quel filo che scendeva dall’alto,
del quale non si riusciva a vedere la fine. Una
mattina il nostro amico, vuoi per il freddo della notte,
vuoi soprattutto per la fame arretrata, si svegliò di pessimo
umore e così, di punto in bianco, decise di fare un
giro d’ispezione sulla tela: controllò ogni angolo, tirò
ogni filo, rimise tutto in ordine, finché notò nella parte
superiore della rete un filo teso verso l’alto di cui non
ricordava la funzione e nemmeno l’esistenza. Di tutti
gli altri fili conosceva l’importanza, i punti di snodo, i
ramoscelli dove erano stati fissati; ma quel filo inesplicabile
non andava da nessuna parte. Il ragno cercò di
osservare da ogni angolatura, si rizzò sulle zampette,
guardò con tutti i suoi occhi... ma non riuscì a capire
dove andasse a finire. «A cosa serve questo stupido filo...
» disse il ragno, «via i fili inutili!». Un colpo di mandibole
e... patatrac!, tutto gli rovinò addosso. Aveva
dimenticato che, un lontano mattino di settembre, lui
stesso era sceso giù da quel filo, e da lì aveva iniziato a
tessere la sua tela. Ora, invece, si trovava a giacere sulle
foglie della siepe spinosa, imprigionato nella sua
stessa rete divenuta ormai un piccolo, umido cencio.
Era bastato un solo istante per distruggere una magnifica
opera e soltanto perché non era riuscito a capire
l’importanza di quel “filo dall’alto”.
(Da una novella di Johannes Jørgensen)