Servizio Clienti (+39) 075 5069369
Email info@frateindovino.eu

L'attualità e gli approfondimenti dal mensile

Frate Indovino

Prima Pagina

Dal buio alla luce

17 novembre 2021
Condividi
Da dove e come, oggi, si può levare verso l’alto il nostro sguardo e la nostra preghiera? Nel bel mezzo come ancora siamo d’una tragica pandemia? Oggi, proprio oggi che tutt’a un tratto siamo costretti a guardare in faccia il volto meno tenero e rassicurante del mondo creato, nel quale abbiamo costruito la nostra fragile e provvisoria dimora?

Sembra stridere con questa domanda, a tutta prima, la risposta che ci è data nella melodia – armoniosa e serena, semplice e solenne – del Cantico delle creature di frate Francesco: il fratello universale che sentiamo accanto a noi oggi forse come non mai. Anche grazie alle belle e provocanti pagine dell’enciclica Fratelli tutti che Papa Francesco ci ha donato, quasi bussola per il cammino che c’interpella come umanità.

Ma basta che andiamo col pensiero a quando e a come – lui per primo stupito e grato – il Poverello d’Assisi ha sentito scaturire dall’intimo del suo cuore  queste parole come un fiotto d’acqua viva e rigenerante, per capire che, no!, è questa davvero la preghiera che anche oggi, proprio oggi, può salire anche dal nostro cuore: per dargli pace e forza nel servire con nuovo slancio, nella gioia, chi più di noi soffre e cerca.

Siamo
nei primi mesi del 1225,  circa due anni prima della sua morte. Nel suo corpo Francesco porta le piaghe del Signore Crocifisso che ha ricevuto da Dio al monte de La Verna: quasi sigillo della trasformazione allora avvenuta per grazia dell’amante (lui, Francesco) nell’amato (Gesù). Si trova ora presso il monastero di San Damiano, dove dimora accanto a sorella Chiara per cinquanta giorni, in una celletta intrecciata di stuoie. È sofferente agli occhi e quasi cieco, gravemente infermo, tutto indolenzito. E veglia insonne, mentre notte e giorno i topi che infestano quel luogo saltellano incuranti intorno e sopra di lui. Tanto che, quella notte, prega intensamente il Signore in quel grande buio che tutto lo avvolge, giunto quasi allo stremo, invocando  il dono della pazienza e della perseveranza.

Ed ecco sprigionarsi nel suo spirito una parola di luce che scende dal Cielo: «Sì, anche ora, proprio ora, puoi aprire gli occhi sulla bellezza e armonia del creato e darne lode e grazie al suo Creatore e Signore! Perché un giorno, di tutto e di ciascuna cosa, Io saprò fare “cieli nuovi e terra nuova”». E così, il mattino seguente, dalle sue labbra fiorisce il primo versetto del Cantico, che poi via via fluisce spontaneo e sincero:

Altissimu, onnipotente,
bon Signore,
Tue so' le laude, la gloria
e l'honore et onne benedizione.


È proprio dal fondo di quel buio pesto che si leva, per dono, il canto di lode all’Altissimo. Lui che, nel Figlio suo Gesù, s’è fatto più intimo a noi di noi stessi, facendo brillare quaggiù quella luce più d’ogni altra splendente e senza più ombre e tramonto che – canterà Dante – s’irradia dal seno del Padre “in ogni ubi e in ogni quando”.

È questa
la vera sua onnipotenza: quella dell’amore, dell’amore che ama sino in fondo, sino all’incredibile. Perché Lui, Dio, e Lui soltanto – l’ha detto Gesù – è davvero “buono” (cfr. Mc 10,18).

Narrano le Fonti Francescane che da quel giorno, «nei momenti in cui più era torturato dal male, Francesco intonava lui stesso le Lodi del Signore, e poi le faceva cantare dai suoi compagni per riuscire a dimenticare, nella considerazione della lode di Dio, l’acerbità delle sue malattie e delle sue sofferenze. E fece così fino al giorno della sua morte».

Piero Coda
teologo

Dal mensile Frate Indovino - febbraio 2021

Calendario

Richiedi subito la tua copia del Calendario

Sono presenti degli errori. Assicurati che i campi siano completi e corretti e reinvia il modulo.
Grazie ! La tua richiesta è stata inoltrata con successo. Ti contatteremo al più presto.