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Frate Indovino

Il Calendario dell'Avvento

Uno, dieci, cento capodanni

11 novembre 2019
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Punto 18 del testo

Incredibile, ma vero: Città e Stati diversi, anche se relativamente vicini tra loro, potevano avere datazioni proprie. Il conteggio del tempo non era quindi universale, ma particolare per tradizioni e costumanze. Incredibile, ma vero, anche atti ufficiali riportavano la data discorde: diversa per ciascuno dei contraenti!

Istruzioni per l’uso

Capitasse di dover datare un documento medievale, è bene operare con prudenza. Un’indicazione di massima: si può stare abbastanza tranquilli se il giorno indicato sta tra il 25 marzo e il 31 agosto, a meno che non si tratti di un documento francese o pisano. Negli altri sette mesi, invece, attenzione massima. Bisogna capire quale “stile” sia usato:

- lo stile dell’Incarnazione al modo pisano: capodanno il 25 marzo, in anticipo sul 1° gennaio. Usato nel dominio pisano. Nei giorni dal 25 marzo al 31 dicembre bisogna aggiungere 1 al millesimo comune;

- lo stile detto bizantino o greco: capodanno il primo settembre, in anticipo sul 1° gennaio. Usato soprattutto in Italia meridionale e in Sardegna (dove tuttora il 1°
settembre è chiamato cabudanni). Nei giorni dei mesi da settembre a dicembre bisogna aggiungere 1 al millesimo comune;

- lo stile della Natività: capodanno il 25 dicembre, in anticipo sul 1° gennaio. Usato largamente nell’Italia comunale. Nei giorni 25-31 dicembre bisogna aggiungere 1 al millesimo comune;

- lo stile veneto (more veneto): capodanno il primo marzo, in ritardo rispetto al 1° gennaio. Tipico di Venezia, dove restò in uso fino alla caduta della Repubblica (1797). Nei giorni di gennaio e febbraio bisogna togliere 1 al millesimo comune;

- lo stile dell’Incarnazione al modo fiorentino: capodanno il 25 marzo, in ritardo rispetto al 1° gennaio. Usato a Firenze e nello stato toscano; per qualche tempo nella cancelleria pontificia. Nei giorni dal 1° gennaio al 24 marzo bisogna togliere 1 al millesimo comune;

- lo stile della Pasqua (mos gallorum): usato in modo particolare in Francia, fa capodanno la domenica di Pasqua. Poiché la Pasqua è una festa mobile, l’anno varia in lunghezza da un minimo di 11 a un massimo di 13 mesi, a seconda che la Pasqua sia bassa (al più presto, 22 marzo) o alta (al più tardi, 25 aprile). Per questo motivo capitano cose strane: il 1146 ‘alla francese’, Pasqua il 31 marzo, ebbe due volte i giorni dal 31 marzo al 19 aprile, poiché la Pasqua nel 1147 cadde il 20 aprile; e poiché la Pasqua dell’anno dopo venne di 11 aprile, il 1147 ‘alla francese’ non ebbe i giorni 11-19 aprile.

Facciamo una prova. Prendiamo due date, una a inizio d’anno e l’altra a fine d’anno, e controlliamo come i notai avrebbero indicato quei giorni secondo i diversi stili. Scegliamo le date di papa Bonifacio VIII, eletto il 24 dicembre 1294 e consacrato il 23 gennaio 1295.
 
 
24 dicembre 1294
23 gennaio 1295
stile pisano dell’Incarnazione
1295
1295
stile bizantino
1295
1295
stile della Natività
1294
1295
stile veneto
1294
1294
stile fiorentino dell’Incarnazione
1294
1294
stile della Pasqua
1294
1294
 
 
Piccoli possibili incidenti

All’inizio del 1235 i comuni di Firenze e di Perugia vennero a patti e stipularono un trattato di alleanza. La formalizzazione dell’atto si decise di farla a Perugia. Perciò gli ambasciatori fiorentini vennero nella città umbra. Ancora qualche trattativa, e alla fine il testo del patto era pronto: lo si firmò mercoledì 14 marzo 1235.

Fin qui tutto vero, adesso inventiamo. Per festeggiare l’evento si fece un brindisi. Si alzò il podestà di Perugia e proclamò: «Oggi, nell’anno di grazia milleduecentotrentacinque...». Il capo degli ambasciatori di Firenze lo interruppe subito: «O’ che tu sei un bischero, siamo nel milleduecentotrentaquattro!». E nacque una litigata, erano tutti già un po’ brilli. Poi le cose si chiarirono, e i due bravi notai incaricati della stesura scrissero, alla fine del documento - e qui torniamo alla realtà dei fatti:
Actum anno Domini millesimo ducentesimo xxxiiii, pridie idus martii, indictione vii, secundum morem et consuetudinem civitatis Florentie... («Fatto nell’anno del Signore 1234, il giorno prima delle idi di marzo, indizione settima, secondo l’uso e la costumanza della città di Firenze»)
... sed secundum morem et consuetudinem civitatis Perusii, anno Domini millesimo cc xxxv, die xiiii intrante martii, tempore domini Gregorii pape noni, indictione octava («ma secondo l’uso e la consuetudine della città di Perugia: nell’anno del Signore 1235, il giorno 14 entrante di marzo, al tempo del signor Gregorio papa IX, indizione ottava»).

Dove si dichiara che per i fiorentini il 14 marzo si stava ancora nel 1234; mentre Perugia, dove si seguiva lo stile della Natività, era già ben dentro il 1235. Lo stesso valeva per l’indizione: a Firenze era ancora la settima, a Perugia era già l’ottava. Non solo: il giorno del mese, a Firenze s’indicava secondo il calendario romano; invece a Perugia si seguiva la consuetudine a entrata-uscita. Ultima differenza: a Perugia, terra di obbedienza romana, si doveva far riferimento al pontefice regnante, mentre l’orgogliosa Firenze si teneva le mani libere.

Un fatto simile (non il finto litigio, ma la doppia datazione) era avvenuto un secolo prima, il 19 aprile 1138, per un patto tra i comuni di Genova e di Pisa. Allora i notai scrissero la data prima al modo genovese: «nell’anno 1138, nel mese di aprile, indizione 15a», poi al modo pisano: «nell’anno dell’Incarnazione del Signore 1139, 13° giorno prima delle calende di maggio, indizione prima». A parte l’indizione, che a Genova sarebbe partita dal 24 settembre successivo (vedi finestra seguente), si riscontra l’uso pisano dell’Incarnazione, che anticipa di un anno quello fiorentino: nell’aprile 1138, essendo scattato a Pisa l’anno nuovo il 25 marzo precedente, si era già nel 1139. 

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