[1186] Tre anni prima della sua morte decise di celebrare, vicino al borgo di Greccio, il ricordo della natività del bambino Gesù, con la maggior solennità possibile, per rinfocolarne la devozione. Ma, perché ciò non venisse ascritto a desiderio di novità, chiese ed ottenne prima il permesso del sommo pontefice. Fece preparare una mangiatoia, vi fece portare del fieno e fece condurre sul luogo un bove e un asino. Vengono convocati i frati, accorre la popolazione; il bosco risuona di voci e quella venerabile notte diventa splendente di innumerevoli luci, solenne e sonora di laudi armoniose.
LAUDATO SI’, MI’, SIGNORE, PER L’UMILta’ della tua INCARNAZIONE
A Greccio frate Francesco rappresentò la manifestazione dell’umanizzazione del Verbo di Dio, nella povertà e nell’umiltà di un presepe. Con l’aiuto di un nobile del luogo, un certo Giovanni, fece porre della paglia in una mangiatoia e si procurò perfino un bue e un asino, perché fosse visibile a tutti «con gli occhi del corpo», in qual modo il bambino Gesù era nato a Betlemme, privo di tutto ciò che è necessario a un neonato.
Per quella notte, del 25 dicembre 1223, Francesco si era premunito dell’autorizzazione del Papa. Non era molto frequente allora la celebrazione dell’Eucarestia su di un altare portatile. Francesco celebra nello stesso rito l’Eucarestia e l’Incarnazione del Dio umiliato per la salvezza dell’uomo. Nei Vangeli dell’infanzia gli angeli dicono ai pastori che il «segno» per loro sarebbe stato un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. È la scelta minoritica di Dio! Nel presepe di Greccio frate Francesco ha voluto presentarci Gesù, quale esempio sublime di umiltà, di povertà, di emarginazione. Lo stupore che noi adulti proviamo di fronte a quel bimbo povero, che giace «in una grotta al freddo e al gelo» ci insegna chi è Dio.