Figura tradizionale della letteratura orale e della cultura folklorica. Artista di strada che, itinerando da luogo a luogo, da paese a paese, raccontava, spesso con il canto, accompagnato da strumenti musicali dell’epoca, avvenimenti o pagine della letteratura antica, storie di santi o di eroi, fatti tragici, commoventi o burleschi che portavano alle lacrime o al sorriso. E la gente si raccoglieva nelle vie o nelle piazze, nelle aie o nelle stalle di campagna, per ascoltare le parole di questo personaggio avvolto un po’ nel mistero. Il cantastorie si faceva annunciare e poi, quasi d’incanto, compariva come emergendo dal nulla, nel luogo fissato; con qualche battuta si guadagnava l’attenzione e la simpatia dei presenti, poi iniziava a recitare o cantare le sue “storie”, aiutandosi spesso con un cartellone sul quale era raffigurata la storia descritta nelle principali scene. Spettacolo semplice, non esente da improvvisazioni, al termine del quale il cantastorie si toglieva il cappello e, rovesciandolo, chiedeva un piccolo obolo, salutava e riprendeva la strada per altri castelli e villaggi, portando con sé, insieme alle sue storie, la sua misteriosa simpatia. Figura tipica e preziosa quella del cantastorie, erede degli antichi aedi e rapsodi del mondo greco-romano, che con la sua semplicità ha contribuito a tramandare ai posteri molta parte della produzione storica ed artistica dei tempi e dei popoli che ci hanno preceduto.