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CALENDARIO 2015

L’INNO DEL POSTULANTE

Quando il Signore si diverte!

"(1701-1781) - Ecco un altro santo spettacolare, da leggenda, che sembrerebbe appartenere al mondo delle fi abe, se non avesse vissuto i suoi 60 anni di vita religiosa in mezzo alla gente concreta e pratica della Sardegna, e non fosse rimasto ancora, dopo 230 anni dalla morte, nel cuore e nella vita di quel popolo che lo ama, lo invoca ed esulta per lui. La sua vita inizia con una gravidanza diffi cile ed una promessa di consacrazione a san Francesco. Ma ritardando il giorno del compimento della promessa, una cavalcata pazza su un cavallo imbizzarrito, risolve il problema: Vincenzo u santixeddu entra in convento con il nome di fra Ignazio da Làconi. Il noviziato delineò in lui la tipica fisionomia del fratello cappuccino: uomo semplice, umile, nel caso di Ignazio anche analfabeta, ma di grande preghiera e profonda fede, sorridente e sereno in ogni circostanza, obbediente, vicino alla gente in mezzo alla quale lasciava come una scia di Vangelo vivente. I biografi ci informano che camminava sempre ad occhi bassi e corona in mano. La gente al suo passaggio si poneva in atteggiamento di rispetto. Non accettava più del necessario. Dove passava fi orivano fatti straordinari con una “normalità” disarmante. A chi si raccomandava per ricevere grazie diceva: «Abbiate fi ducia in Dio», e ciò che era chiesto diventava realtà. E insieme ai miracoli scaturiva anche la fede. Un certo Franchino, negoziante carico di soldi, si lamentò che fra Ignazio non andava a questuare in casa sua. Su richiamo del superiore fra Ignazio andò e ricevette una cospicua offerta in danaro, che fece mettere nella bisaccia. Andando verso il convento dalla bisaccia cominciò a gocciolare sangue. Al superiore il frate spiegò che era sangue di poveri che il commerciante estorceva con l’usura. La lezione servì, e Franchino restituì ciò che doveva. Un’altra volta chiese dell’olio ad un benefattore e, non sapendo dove metterlo, lo fece versare nella bisaccia. L’olio arrivò al convento e non se ne perse una goccia. Visto l’accaduto il benefattore donò al convento l’intera botte (che si chiamò botte di fra Ignazio). E si potrebbe continuare all’infi nito. Può sicuramente interessare il fatto che a testimoniare questi prodigi c’è, tra gli altri, un pastore protestante evangelico, presente in quel periodo in Sardegna perché cappellano al seguito di un reggimento di fanteria tedesco, un certo Joseph Fuos, che documenta questi fatti e stila anche un elenco dei miracoli più signifi cativi nel suo libro La Sardegna nel 1773-1776, Lipsia 1780. Come si vede, un testimone non di parte.".

Quando un giovane decide di seguire la via di san Francesco, viene accolto in un convento e comincia a condividere la vita dei frati. Tra le varie, nuove esperienze c’è soprattutto la preghiera comunitaria che ha bisogno di un po’ di rodaggio per scorrere senza inciampi. È successo, infatti, che ad un giovane postulante era stato affidato il compito di intonare l’ “inno delle Lodi”, durante la recita dell’ufficio divino. Tutto organizzato alla perfezione. Ma quando si tratta di intonare l’inno… un momento di distrazione e ogni cosa s’inceppa. Nel silenzio generale si sente la voce del maestro: «Coraggio, figliolo, l’inno…». E il giovane, con decisione: «Frate-elli d’Ita-alia… l’Ita-alia s’è de-esta».

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