Francesco, perché a te, perché a te, perché a te tutto il mondo
vien dirieto? (FF 1838). Era una costatazione che si imponeva
agli occhi di frate Masseo, e che si impone anche oggi.
La figura e la vita di Francesco di Assisi, infatti, emanano ancora
un fascino universale. Per i contemporanei del Poverello
si può dire che essi conoscevano, nel figlio di Pietro di Bernardone,
un giovane un po’ chiassoso, ma allegro, gentile, generoso;
che sono rimasti sorpresi dalla sua conversione, ma
dopo le prime perplessità sono stati conquistati dalla sincerità
e coerenza della sua vita, dall’assoluta determinazione, dall’umile
e profonda bontà, e via via da una santità che si imponeva
sempre di più anche agli occhi dei più scettici. Ma per noi
che non lo abbiamo conosciuto di persona? Perché questo fascino,
che emana già solo evocando il suo nome, non si è mai
spento né accenna ad estinguersi? Francesco conquista ancora
il mondo di oggi perché i valori che hanno improntato la
sua avventura umana non sono legati ad una patria o a un
tempo particolari, ma sono eterni, universali. Le scelte sulle
quali ha giocato la sua esistenza lo hanno plasmato a tale profondità
da renderlo capace di riflettere un’umanità così traboccante,
in grado di mettere tutti a proprio agio. Egli elimina, per
sé e per i suoi frati, tutte le maschere, le ipocrisie, le convenienze;
azzera gradini e piedistalli e, completamente disarmato,
va incontro agli altri nella più autentica trasparenza dei rapporti
umani. Tra sé e gli altri non pone diaframmi, ma solo
un’indistruttibile volontà di bene. Francesco ricorda a tutti che
la felicità o l’infelicità non è questione di ricchezza, di potere,
di prestigio; non è il prodotto di fattori esteriori, ma nasce da
ciò che siamo nell’intimo, dai valori che incarniamo, dalla libertà
e dalla pace che siamo riusciti a costruire dentro di noi.